Pino Pinelli e quei frammenti di pittura “in cammino nello spazio”

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Si può essere poeti con una sola parolaLa pittura dagli anni Settanta a oggi. E’ il suggestivo titolo della mostra con la quale la Galleria Dep Art di Milano rende omaggio a Pino Pinelli, uno dei maggiori esponenti della pittura analitica, scomparso il 30 aprile 2024 all’età di 86 anni.

Pensata con l’artista e realizzata in collaborazione con l’Archivio Pino Pinelli, la mostra ne ripercorre l’evoluzione artistica, dalle prime sperimentazioni monocrome degli anni Settanta al celebre “rettangolo spezzato” che ha segnato la svolta principale nella sua indagine sino alle grandi disseminazioni e ai lavori più recenti, alcuni dei quali mai presentati prima.

Stavamo lavorando insieme a una mostra antologica che raccontava la nostra splendida storia decennale, che è andato oltre il solito rapporto artista/gallerista, con l’aiuto di un grande curatore ed amico, Federico Sardella, e si era rimandata per varie ragioni più volte“, ricorda il gallerista Antonio Addamiano, “una mostra che s’inaugura postuma e fa sentire Pino ancora tra noi“. Una nuova occasione di riscoperta i dell’attività di Pinelli, che ha saputo costantemente reinventare il suo linguaggio ricercando un dialogo attivo e continuo tra opera, spazio e spettatore.

Pino Pinelli nasce a Catania nel 1938 dove frequenta gli studi artistici. Arriva a Milano nel 1964 partecipando al dibattito culturale e alla sperimentazione di quel decennio vivacissimo e assai fertile artisticamente dove la comunità artistica è animata, oltre che dal maestro per eccellenza, Lucio Fontana, dalle “provocazioni” dadaiste di Piero Manzoni e dal genio inquieto di Enrico Baj. Al 1968 è data la sua prima mostra personale, presso la Galleria Bergamini. Per l’artista catanese la pittura è gesto, materia, colore, ritmo.

Ma la vera svolta intuitiva, l’atto più rivoluzionario che ancora oggi rende i suoi lavori riconoscibili in tutto il mondo, avviene nel 1976 quando decide di “rompere” il concetto stesso di quadro, come perimetro chiuso e separato dallo spazio ambientale, uscendo dalla cornice e rendendo la parete parte integrante delle sue opere.

Il 1976 è stato l’anno spartiacque con Pittura GR: quattro forme angolari ricoperti di flanella non preparata grigia con il vuoto al centro e nelle interruzioni dei quattro lati“, racconta la figlia Alessandra che cura anche l’archivio .

Anche Pinelli come Fontana e i suoi tagli si sente soffocare all’interno del quadro, vuole superare quel limite, varcare quella soglia, senza però rinunciare alla pittura. Con un gesto altrettanto definitivo, Pinelli “straccia” la tela. La riduce in tanti “frammenti” che dissemina in modo organizzato nello spazio. “I miei frammenti sono corpi inquieti di pittura proiettati nello spazio” diceva l’artista. Da questo punto nodale prende il via la stagione della disseminazione. Pittura oltre i limiti della tela, oltre i confini dello spazio.

Pino Pinelli, quei frammenti di pittura "in cammino nello spazio"

Come afferma lo stesso Pinelli, “in ogni mia opera è come se io avessi frammentato il monocromo e lo avessi disseminato nello spazio– quasi mimando il gesto del seminatore“. All’inizio tali “disseminazioni” erano costituite da pochi pezzi posizionati in una piccola porzione della parete come fossero ancora intrappolati da una cornice invisibile ma, con il passare degli anni, gli elementi si moltiplicano, si allargano talvolta in modo consistente, fluttuano e migrano in grandi o piccole composizioni, veri e propri “corpi di pittura in cammino nello spazio” fino ad arrivare a riempire intere pareti e a moltiplicarsi da poche unità a decine, per produrre una composizione che virtualmente va ad abbracciare tutte le dimensioni e le direzioni dello spazio.

Frammenti disposti secondo un’armonia che sembra replicare sonorità musicali. “L’analogia con la musica è stata notata da molti critici“, osserva ancora Alessandra Pinelli. “Papà ha sempre lavorato con la musica accesa, in particolare ascoltava il suo amatissimo Bach. Il Preludio in Do Maggiore BWV 846, lo ha voluto per la mostra allestita a Palazzo Reale di Milano nel 2018 per accompagnare la fruizione dei I cinque movimenti una monumentale installazione che si compone della disseminazione di un centinaio di elementi materici creati con l’uso del colore rosso, dal particolare timbro cromatico (risultante di 5 rossi diversi) che illustra l’alternanza dei cinque movimenti musicali: il ritmo grave, l’andante e il mosso, fino al brio e all’adagio“.

Superfici monocrome concentrate sui colori bianco, giallo, blu, grigio e un vibrante rosso, forse il colore che più caratterizza Pinelli, intendendolo, secondo le sue stesse parole, come “due colpi di tamburo” e ottenuto mescolando cinque diverse tonalità di rosso cui nel 2015 la galleria Dep Art di Milano dedicò la mostra Antologia rossa.

Raccontava Pinelli: “Il colore lo accolgo tutto per trasformarlo in “oltre”; il mio colore non è solo steso. Il mio rosso, ad esempio, è la somma di gradazioni di colore di timbro diverso che modifico, altero e sollecito fino a ottenere il massimo della sonorità, la nota più alta”. Le ultime composizioni a strisce e a croci sono realizzate in supporti durissimi, indistruttibili, impregnati di rughe, e si espandono sulle pareti in calcolate attrazioni/espansioni . “La croce ha assunto una funzione chiave perché sono proprio le croci a permettere le grandi disseminazioni, che esprimono più propriamente il mio modo di fare pittura”.