Di per sé, lo Strega 2015 sembra filato liscio. Gli Amici della Domenica hanno premiato La ferocia di Lagioia su La sposa di Covacich, Storia della bambina perduta di Ferrante (pseudonimo), Chi manda le onde di Genovesi e Come donna innamorata di Santagata. Sono stati valorizzati un giovane, l’accademia dantesca, il Nordest ed anche l’outsider.
La nuova regola, che garantisce un posto in finale ai piccoli editori, si è sposata magnificamente con la quota rosa dell’autrice anonima della quadrilogia L’amica geniale. Non ci sono state dimissioni da giurato, come l’anno scorso per Trevi. Il vincitore 2006, Veronesi, che le ha minacciate (Se decidi di non esistere, allora non vai allo Strega) per ottenere l’identità della misteriosa Elena Ferrante, non l’avuta vinta. Tanto, non ce n’era bisogno, dato l’evidente fake del caso letterario. Dietro lo pseudonimo c’è il nome noto della 62enne napoletana Anita Raja, con tanto di vortice letterarfamiliare, dal marito scrittore Starnone agli editori di E\o, Ferri, vicini al clan cinematografico di Moretti.
E’ l’epopea femminile (nella versione italica, identitaria del familiare) vissuta dal principale premio letterario italiano (dei 1800 esistenti lungo lo stivale), che va oltre i 12 anni trascorsi dall’ultima vittoria di una scrittrice. La donna è da tempo chiodo fisso dell’alta literacy italiana, che l’alterna all’omosessualità in uno scontro di topoi titanici.
Lo Strega, ad esempio, registra la forte risposta accademica al ritratto di un Dante sodomita, vittima del suo maestro e sugar daddy Brunetto Latini. Ne esce fuori una Dantessa innamorata, mix BiceGemma (che il più arcigno, misogino e misantropo della letteratura mondiale, frequentò pochi giorni e anni).
Scorre un tripudio di prostitute al bar, amiche geniali, lettrici di poesie agli automobilisti al semaforo, autostoppiste in abito da sposa senza neanche le cosce di fuori, figlie oscure e madri neghittose oggetto di desiderio sessuale. Di bambine, in tutte le salse, albine, perdute, bambole come bambine e bambine come bambole. E di violenza, che non può che identificarsi in una donna nuda, urlante, sanguinante, poi morta lungo la strada. La migliore recensione uscita, valida per tutte le opere, recita testualmente “è stato un libro molto bella”. Era rimasto indietro il refrain della femmina vittima, ma sotto i fari Rai3, ci ha pensato la presentatrice, autrice di una storia reality a riguardo.
Gli autori Strega si sforzano di scrivere di donne e come donne per imporre il femminile anche dove non c’è. La bellezza è sparita, tanto agli uomini (sfigati o money provider o vecchi di ferro in via di estinzione) l’altro sesso piace sempre; ed al peggio è pronto l’osannato gay pride. Superato il mito dell’emancipazione, gli autori di qualità si dedicano a madri, mogli, figlie, splendidamente egoiste ed indifferenti a tutto, tranne che a sé. Snaturate, nel senso di libere dalla natura, che talvolta spendono qualche parola di cordoglio per amiche, sorelle e figlie perdenti di questa gara a gender unico.
Attorno a questo Strega rosa, gli uomini hanno vomitato e inghiottito un fiume di bile. Le aggressioni isteriche tra il vecchio De Mauro, presidente del premio ed il suo giovane alter ego Saviano hanno cercato o negato tracce dei protagonisti mafiosi dei libri (don Alfonso di Napoli e Salvemini di Bari) tra le giurie definite camorriste e gli editori, anche peggio.
Secondo l’elite, non può che esserci un complotto se l’editore Feltrinelli non vince dal 2005 uno Strega (e governava Berlusconi), se Mondadori-Rizzoli, prossimi alla fusione se ne sono presi dieci o se Capossela (di cui è un mistero che lavoro faccia) o il fumettista Zerocalcare non arrivano in finale.
I giornalisti, scriptor, editor, editori, scrittori del circo Strega mentre si giuravano eterna amicizia, si sono fatti a pezzi, dedicando paginate alla reciproca ipocrisia. Meno male che possono sempre ritrovare unanimità nell’elogio della regressione delle Piccole donne rincoglionite.