Il cristianesimo medievale, nei primi secoli, ha provveduto a cancellare tutte le sopravvivenze del paganesimo, ancora molto diffuse nei villaggi. Infatti, mentre la religione cristiana era particolarmente radicata nelle urbes (città), nei villaggi (pagano deriva da pagus, villaggio) le credenze popolari e i culti agli dei erano ancora molto radicati.
Con il passare del tempo il Cristianesimo ha lasciato nascere e rinascere esseri straordinari che appartenevano al mondo del meraviglioso: è il caso delle fate.
La loro origine viene da diverse culture: nella mitologia classica erano ninfe -spiriti naturali con fattezze di fanciulle- o Parche -guide del destino dell’uomo-; secondo una tradizione celtica erano angeli caduti che abitarono la Terra, perché non così cattivi da essere rinchiusi all’inferno.
Le fate, così come gli uomini, possono essere buone e cattive, oppure dedicate interamente al bene o al male.
Melusina è una fata che nel XII e XIII secolo trovò un largo consenso nei racconti e nell’immaginario collettivo. È la fata della feudalità e il suo modello si incontra con la ninfa della fecondità Urvaçi. È una fata doppia, ha un lato buono e un lato da “diavolessa”. Riccardo Cuor di Leone parlando dei dissidi interni ai Plantageneti avrebbe detto: “e come potremmo fare altrimenti? Non siamo forse figli della Diavola?”
Un’altra fata famosa nel Medioevo è Viviana, la fata del lago, che condusse Merlino nel suo regno e lo imprigionò per sempre.
Con il passare dei secoli si sono delineare le caratteristiche delle fate, anche in base alle descrizioni dei racconti e delle fiabe, subendo una continua evoluzione. Verso la fine del 1800, con l’affermarsi dello Spiritualismo negli Stati Uniti con le sorelle Fox e la conseguente nascita dello Spiritismo a Parigi con Allan Kardec, riaffiorò l’interesse per l’occulto.
Uno dei protagonisti del caso delle fate di Cottingley è Arthur Conan Doyle, autore di Sherlock Holmes. Doyle è stato un seguace dello Spiritismo di Kardec e praticò assiduamente sedute spiritiche.
Nel 1917 due cugine, Frances Griffith di 16 anni e Elsie Wright di 10 anni, scattarono alcune fotografie nei pressi del torrente Cottingley Pants, in cui erano immortalate in compagnia di fate e gnomi. Nel 1919 Polly Wright, la madre di Elsie, inviò le fotografie della figlia ad un’associazione teosofica che le sottopose nel 1920 al teosofo Edward Gardner.
Arthur Conan Doyle, che stava scrivendo un articolo per lo Strand Magazine sulle fate per il numero di Natale 1920, contattò Gardner e ottenne una copia delle immagini. Doyle, scettico, mostrò le fotografie a molti esperti che affermarono che le fotografie erano dei falsi e che le acconciature delle fate “troppo parigine” per essere vere. Doyle concluse l’articolo “FATE FOTOGRAFATE- UN EVENTO EPOCALE”, includendo gli scatti. Il 19 agosto 1920 Polly Wright scrisse a Gardner dicendo che le bambine avevano realizzato altre foto con le macchine fotografiche fornite dallo stesso Gardner con una dozzina di lastre, segretamente marcate. Gardner ricevette le lastre con il sigillo nascosto, le quali riportavano immagini talmente interessanti che lo stesso scrisse un telegramma a Conan Doyle. Doyle rispose che la prova dell’esistenza delle fate era “un dono degli dei”.
Sia Conan Doyle che Edward Gardner erano interessati, più che alle fate, a sostenere le loro idee relative al mondo dello spiritismo verso un pubblico che fosse sensibile all’argomento.
Nella primavera del 1921 le due cugine scattarono altre tre fotografie e per Conan Doyle fu la prova definitiva dell’esistenza degli spiriti. Conan Doyle usò le tre nuove foto per illustrare un secondo articolo sullo Strand, pubblicato nel 1921. L’articolo fu la base per il suo libro The Coming of the Fairies del 1922. Nell’agosto del 1921 Gardner e Doyle si rivolsero al chiaroveggente Geoffrey Hodson. Secondo Hodson, non fu possibile scattare altre foto perché Frances era entrata nella pubertà, e dunque le fate non potevano più utilizzare la sua aura infantile per densificare il proprio aspetto al punto da essere impresso sulle lastre.
Hodson però vide le fate e disse che tutta la valle era popolata da forme di vita eterea e annotò sul suo taccuino le descrizioni, simili a quelle fatte dalle ragazze
Negli anni Ottanta le protagoniste, ormai in età avanzata, rivelarono che fu tutto frutto di uno scherzo: avevano ritagliato del cartone dandogli la forma di una fata per poi colorarlo e aggiungere vari dettagli, e sovrapporlo alle foto.
Nel 1986 Frances confessò la falsità delle prime quattro foto, ma aggiunse che la quinta fu l’unica reale. Frances Griffiths morì nel luglio 1986, Elsie Wright nell’aprile 1988. Frances sostenne, fino alla morte, la sua teoria sull’autenticità della quinta foto.