La rivoluzione digitale non ha cambiato solo il nostro modo di concepire, produrre, accostarci all’arte. Le nuove tecnologie rendono possibile una fruizione delle opere composita. Lo dimostrano musei virtuali, fruizioni multimediali di opere e percorsi espositivi. «Il mondo è dei creativi, degli artisti, di chiunque sappia sognare, inventare e sforzarsi in ogni modo di far vivere quei sogni e difendere le proprie idee». Lo scrive Danilo Iervolino, in «Now. Strategie per le nuove frontiere del web» (Mondadori, 2015), stimolando una riflessione sull’interconnessione umana attraverso la Rete come cifra di tutto il progresso degli ultimi anni.
Opportunità e interrogativi: quanto tempo impiegava, un tempo, un artista per farsi conoscere e apprezzare? Quanto occorreva per portare all’attenzione di critica e pubblico le proprie opere ed essere su queste giudicato? Pensiamo a Michelangelo o Van Gogh, certo, ma anche a Picasso e Dalì. Era inimmaginabile poter far conoscere così rapidamente, economicamente, efficacemente il proprio lavoro. Ciò induce all’ottimismo sul matrimonio tra arte e rete, veicolo di conoscenza e confronto ma non strumento che appiattisce, offusca, impoverisce.