Linda Pellegrini, classe 1968, milanese, inconfondibile per i suoi capelli ricci rosso fuoco e gli occhi vedi-azzurro a seconda delle stagioni, dopo la maturità artistica si è laureata, con lode, in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera e specializzata in illustrazione editoriale all’Istituto Superiore d’Arte del Castello Sforzesco di Milano, e in seguito ha studiato lettere moderne e storia e critica dell’arte all’Università Statale di Milano.
La sua è una pittura, colta, preziosa, dai riflessi dorati come le onde del lago, dove ama soggiornare per dipingere, è affascinata dal potenziale espressivo della carta, tessuti e altri materiali che stratifica e contrappone con il fine di conferire tattilità alla trasparenza. Per vivere alla pittura affianca l’illustrazione e didattica dell’arte e i suoi studenti e studentesse l’adorano!
Come ha inciso la tua specializzazione in illustrazione editoriale nella tua ricerca artistica ?
Quando ancora studiavo ho scelta anche di specializzarmi in illustrazione editoriale perché ho pensato di usare a scopo professionale la mia capacità nel disegno, perfezionata con gli studi artistici. La mia finalità era affiancare alla ricerca artistica un’attività professionale che mi consentisse di sviluppare in piena libertà il mio percorso, così che la spontanea espressione delle mie idee e il loro svilupparsi nel tempo potesse avvenire senza alcun condizionamento. Ho scelto di specializzarmi nel settore scientifico naturalistico che, in quanto molto tecnico, non comportava nessuna confusione con la parte creativa. Alla fine le due attività si sono poste in un rapporto naturalmente complementare, giovandosi a vicenda delle rispettive peculiarità .
Quali esperienze e maestri ti hanno portato a sperimentare, oltre alla pittura, diversi materiali come i tessuti e il legno e alto ancora?
Ho sempre avuto un particolare interesse per la materia, forse perché ho vissuto gran parte della mia vita a contatto con l’ambiente naturale del lago e lì ho avuto modo di osservare come i diversi materiali, specie quelli naturali, celino in sé una componente espressiva molto forte. Ho iniziato con un forte interesse per i legni, che l’ambiente mi offriva spontaneamente, e per la carta, che manipolavo, macerandola e mescolandola a pigmenti e colle, e trasformavo anche nel rilievo, e per le carte giapponesi, la cui trasparenza e le diverse grammature consentono effetti particolarmente interessanti. Anche i miei maestri e gli artisti per i quali con i quali ho collaborato avevano una sensibilità particolare per i materiali: la terracotta soprattutto, ma anche le pietre e il bronzo per lo scultore Mario Molteni, la carta e gli inchiostri per l’incisore Pietro Diana, i metacrilati e le nuove tecnologie per il pittore e scultore Giuseppe Vittorio Parisi.
Com’è stata la prima mostra?Â
Nella prima personale di una certa importanza ho esposto principalmente lavori su carta e oggetti tridimensionali in legno; in quell’occasione ho avuto il privilegio di essere presentata da un testo del critico Francesco Poli, che mi aveva seguito per la laurea a Brera e che si era interessato al mio lavoro.
Ti piace stare a contatto con i giovani: come sviluppi le loro passioni?
La didattica dell’arte è sempre stata un mio grande interesse e il rapporto con i giovani è sicuramente un ottimo punto di osservazione della realtà e dei suoi mutamenti; io interpreto il mio ruolo di guida cercando di essere sempre aperta alla comprensione delle esigenze che via via gli studenti mostrano di avere. Mi pongo in continuo dialogo con loro, non come unico modello di riferimento, supportandoli con la mia esperienza nella necessità di trovare un proprio percorso espressivo ma anche stimolandoli a una solida formazione tecnica e culturale e a un atteggiamento critico che ne favorisca la piena consapevolezza.
Come nasce una tua opera?
Le mie opere nascono innanzitutto da un’esigenza espressiva legata all’analisi della realtà e alla suggestione emotiva che può derivarne. La nascita e l’elaborazione di un’idea possono seguire percorsi molto differente: ci sono idee che si materializzano in brevissimo tempo e si mostrano già chiare nelle intenzioni iniziali; altre volte invece l’idea si sviluppa nella mente in tempi successivi e non la si riesce ad afferrare pienamente se non dopo un lungo tempo di elaborazione. Spesso sono necessari molti schizzi e prove, non solo per l’abbozzo dell’idea ma anche per individuare con precisione i dettagli tecnici del lavoro, altre volte bastano appunti veloci e subito l’opera segue il suo percorso.
Quali nuovi materiali hai introdotto nei lavori più recenti?
I miei lavori sono delle tecniche miste e sono solita utilizzare tutto ciò che mi sembra espressivo, dal legno ai materiali tessili, alla carta, fino ai fogli metallici di vario genere, come alluminio, rame, oro o argento; utilizzo molto i pigmenti, che offrono straordinarie possibilità anche mescolati ad altri materiali, e ho utilizzato a lungo i colori a olio dei quali apprezzo l’intensità cromatica e la resa nelle sfumature; ultimamente ho introdotto anche i colori acrilici che consentono di abbreviare molto i tempi di lavorazione e si prestano anch’essi alle mescolanze con altri materiali.
Sei attratta da trasparenza, dissolvenza e luminescenza: come le ottieni con la pittura?
Effettivamente da sempre questi aspetti mi affascinano moltissimo e trovo che nella pittura essi costituiscono una variabile espressiva estremamente modulabile e profondamente evocativa. Nella pittura riproduco questi effetti con la sovrapposizione dei toni e dei colori direttamente sulla tela, spesso però mi piace accentuarli staccando i piani e creando così delle trasparenze, dei bagliori e delle dissolvenze concrete e mutevoli in rapporto al variare della luce nelle ore del giorno e nelle diverse stagioni.
Che cos’è per te il colore e quali tonalità prevalgono nelle tue opere ?
Nelle mie opere il colore ha un ruolo molto importante ma non prevalgono necessariamente delle tonalità sulle altre; ogni colore per me ha una sua portata simbolico-emotiva necessaria all’espressione di un’idea o al raggiungimento di un effetto particolare. Amo tuttavia molto le gamme del blu e dell’azzurro, così come anche quelle dei rossi, che ritengo essere molto sfuggenti e difficili da rappresentare pienamente. Trovo inoltre particolarmente interessante il nero, che non uso mai totalmente ottuso e uniforme, ma costruito per gamme e passaggi successivi che lo rendano profondo, morbido e simbolico. Infine, uno dei colori non colori più evocativi e dal quale non riesco a separarmi è l’oro.
Non ti sei mai cimentata in opere di grande dimensioni?
Sì, ho lavorato a opere di grandi dimensioni, che necessitavano di un maggiore spazio ambientale, come “La caduta” trittico su legno in cui garze e elementi metallici riecheggiano il testo ovidiano della caduta di Icaro, “il sonno di Endimione”, composto da più elementi sospesi nello spazio secondo un moto ascensionale, o “Hic et nunc” composta da cinque pannelli di garza dipinta, alternati, con due pannelli più piccoli di garza e foglia d’oro.
Quali sono le opere più significative per te che segnano le tappe della tua ricerca artistica?
All’inizio del mio percorso ci sono state un primo corpus di opere su carta, con la quale ho lavorato a lungo utilizzando carte giapponesi, come nel “Turbamento”, che ho avuto l’occasione di esporre a Roma durante una collettiva all’Accademia di Romania, o su legno grezzo, scavato e con superfici mosse con pigmenti, feltro, sabbia, o anche oro, nelle quali si tende perdere la percezione netta dell’inizio e della fine delle cavità , come in Soglia per un cielo o in Il tempo perduto. Poi lavorato ad una serie di opere realizzate anche con le tecniche anche della stampa calcografica, con parti con i colori da stampa dipinti a rullo e passati attraverso l’uso del torchio e trasformate poi intervenendo con carta giapponese lavorate e dipinte o con passaggi di pittura diretta, o con lamine metalliche, come in Notte in Serbia. Più di recente ho iniziato un complesso lavoro di trasparenze e effetti cromatici mutevoli, utilizzando le garze e i tessuti con sovrapposizioni di materie e di colore su supporti lignei tridimensionali, come nel trittico La caduta, o in La prima ora della sera, di dimensioni più modeste.
La tua poetica è stata definita astratto-lirica, ma trovo nel tuo lavoro una tensione oggettivamente materica…
Nella mia ricerca non intendo mai ricorrere alla descrizione naturalistica, oggettiva, della realtà ; al contrario, attraverso l’uso di materia, colore e trasparenze, intendo trasmettere un significato, un’emozione o un sentire che vorrebbe essere messaggio condivisibile e universale cercando di coinvolgere lo spettatore, sollecitandolo a mettere qualcosa di sé, quantomeno la disponibilità all’ascolto. Il mio astrattismo può essere definito lirico in quanto non è razionale, non è legato al principio puramente geometrico, a una fruizione basata sulla lettura tecnica degli effetti percettivi della forma delle superfici e del colore, ma dispone di questi strumenti, il colore, la materia, la costruzione della composizione, in senso più espressivo per evocare un’emozione, una riflessione.
Chi sono i pittori o le pittrici del presente, viventi che ti affascinano?
Oltre ad artisti più universalmente noti, come Anish Kapoor o Giorgio Griffa, tra gli artisti a me più vicini e che trovo emozionanti ci sono sicuramente Medhat Shafik con il quale ho collaborato come assistente, che utilizza carte, tessuti, sabbie e pigmenti per realizzare delle immagini estremamente poetiche e evocative; Mirko Marchelli, che ho avuto modo di conoscere personalmente e che realizza opere nelle quali amo molto la componente giocosa e nello stesso tempo molto struggente di riferimento al vissuto più semplice, che mi ricorda in un certo senso la poetica di Gozzano; Angiola Gatti, che ancora non ho avuto l’occasione di conoscere personalmente e che costruisce immagini molto intense utilizzando una tecnica molto particolare, la penna biro su carta o su tela.
Quale opere del passato avresti voluto dipingere?
Il sogno di Costantino di Piero della Francesca, che trovo sia una delle opere più intense e più astratte della storia della pittura.
Mentre dipingi ascolti la musica o preferisci il silenzio ?
Preferisco il silenzio o in casi estremi di malinconia, la musica barocca o il jazz.
Cosa pensi dell’Intelligenza Artificiale?
Penso che l’intelligenza artificiale non vada demonizzata e che possa costituire una grande occasione ma, come sempre nell’uso di uno strumento nuovo, la cosa più importante siano il modo, i limiti, gli scopi, l’etica, la morale con cui se ne fa uso, comunque è una opportunità di ricerca di altri linguaggi in cui arte e scienza sono connessi.
Quale progetto stai sviluppando?
Sto sviluppando da almeno un anno un progetto molto importante per me e che spero di realizzare pienamente ma, come tutti i grandi progetti, richiede il segreto.