Alessandro Manzoni e quella “storia infame” durante la peste di Milano

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Beatrice Gigli ci conduce, con le sue Beatitudini, in un viaggio alla scoperta di storie e luoghi nascosti, tanto misteriosi quanto affascinanti. Ogni racconto รจ un viaggio verso lโ€™inaspettato, dove la bellezza segreta di realtร  spesso dimenticate si svela a chi le sa cercare. Vere beatitudini per chi le esplora, questi frammenti di storia e cultura aprono una finestra su mondi ricchi di meraviglia e significato.

Non capita spesso di trovarsi tra le mani un pezzo di storia cosรฌ prezioso: sfogliare la โ€˜Quarantanaโ€™ dei Promessi Sposi, con dedica e firma di Alessandro Manzoni, รจ stata unโ€™esperienza unica. Pubblicata nel 1840, questโ€™edizione definitiva, come la conosciamo oggi, contiene anche lโ€™appendice della Storia della Colonna Infame, originariamente distribuita separatamente.

Cosรฌ, da Roma, mi sono recata al Castello Sforzesco di Milano per osservare da vicino la lapide, un tempo collocata dove sorgeva la โ€œcolonna infameโ€, che riportava in latino lโ€™accusa e la condanna di Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza. Un momento che ha ampliato la mia riflessione su una vicenda tanto drammatica quanto significativa.

La storia della Colonna Infame si svolge a Milano, durante la terribile pestilenza che colpรฌ la cittร  nel 1630, un evento reso celebre proprio dai Promessi Sposi. Il tragico episodio si sviluppa tra Piazza Vetra e la Basilica di San Lorenzo. Piazza Vetra, oggi famosa per la movida milanese, che prende il nome dal corso dโ€™acqua che un tempo lโ€™attraversava, fu per secoli luogo di esecuzioni capitali, dalla metร  dellโ€™anno Mille fino al 1840.

Durante il periodo compreso tra il 1560 e il 1631, Milano visse lโ€™epoca borromaica, unโ€™era segnata dallโ€™influenza decisiva di due grandi arcivescovi, Carlo e Federico Borromeo. In un momento in cui le istituzioni civili erano deboli o inesistenti, i Borromeo divennero pilastri fondamentali per lโ€™identitร  della cittร , specialmente durante le drammatiche epidemie di peste. Quando la peste colpรฌ Milano per la prima volta nel 1576, sotto lโ€™arcivescovado di San Carlo Borromeo, e nuovamente nel 1630, sotto Federico Borromeo, i Borromeo agirono come guide spirituali e civili, mentre il governatore spagnolo abbandonava la cittร .

San Carlo Borromeo si distinse durante la prima epidemia, facendo erigere diciannove colonnine sormontate da croci ai crocicchi delle strade. Ai piedi di queste croci, venivano collocati altari per le funzioni religiose, consentendo ai cittadini in quarantena di assistere alle messe dalle loro finestre. Anche nei pressi delle colonne di San Lorenzo vennero erette due croci: una verso Santโ€™Eustorgio e lโ€™altra verso le mura della cittร , dedicata a San Venerio.

Con il ritorno della peste nel 1630, le superstizioni e lโ€™ignoranza portarono la popolazione milanese a cercare colpevoli per lโ€™inesorabile diffusione dellโ€™epidemia. Nacque cosรฌ la figura dei presunti untori, tra cui il barbiere Gian Giacomo Mora e il commissario di sanitร  Guglielmo Piazza, accusati di diffondere il morbo con un unguento pestifero. Mora, inizialmente produttore di unguenti medicamentosi, venne arrestato insieme a Piazza, entrambi accusati di utilizzare le loro sostanze per spargere la peste, nonostante la totale assenza di prove concrete.

Le torture a cui furono sottoposti Mora e Piazza li costrinsero a confessare crimini mai commessi, e, in Piazza Vetra, furono infine giustiziati, i loro corpi bruciati e la bottega di Mora rasa al suolo. Sul luogo fu eretta una colonna, la cosiddetta Colonna Infame, che portava incisa in latino la sentenza e la condanna.

Questa colonna rimase lรฌ fino al 1778, quando venne fatta rimuovere da Pietro Verri, illuminista e fondatore della Scuola Milanese, che criticava duramente lโ€™uso della tortura. Pietro Verri fu una delle principali figure dellโ€™Illuminismo milanese, insieme a Cesare Beccaria, e insieme fondarono lโ€™Accademia dei Pugni e la rivista Il Caffรจ, che divenne il simbolo di un nuovo modo di pensare la giustizia e i diritti umani. Beccaria era legato a Pietro Verri non solo da amicizia, ma anche da una comunanza di intenti, volti alla riforma delle leggi penali e alla tutela dei diritti dellโ€™uomo.

Cesare Beccaria, nonno materno di Alessandro Manzoni, si era giร  distinto per la sua opera pionieristica Dei delitti e delle pene (1764), un saggio fondamentale che denunciava lโ€™uso della tortura e della pena di morte. Questโ€™opera, che influenzรฒ grandemente il pensiero illuminista e le riforme del diritto penale in Europa, ebbe una profonda influenza su Manzoni e sul suo modo di pensare la giustizia.

La Storia della Colonna Infame, scritta da Alessandro Manzoni, รจ quindi una prosecuzione di quella stessa battaglia morale e giuridica. Manzoni, nipote di Beccaria, condivideva lโ€™aspirazione di riformare la societร  attraverso una giustizia piรน umana e razionale, opponendosi allโ€™uso della tortura che aveva condannato alla morte gli innocenti Mora e Piazza.

Lโ€™episodio della Colonna Infame venne poi immortalato da Alessandro Manzoni nella Storia della Colonna Infame, pubblicata come appendice alla seconda edizione dei Promessi Sposi nel 1840. Questa edizione, nota come quarantana, rappresentava una versione rivista e ampliata del romanzo. La Storia della Colonna Infame non era infatti presente nella prima edizione del 1827, detta ventisettana, che presentava un romanzo piรน snello e meno approfondito dal punto di vista storico. La quarantana, oltre ad includere la Colonna Infame, venne arricchita da una revisione stilistica e linguistica, con un uso della lingua italiana che Manzoni riteneva piรน aderente alle regole fiorentine, rendendo lโ€™opera piรน armoniosa e accessibile.

La vicenda della Colonna Infame ci parla non solo di unโ€™epoca passata, ma del pericolo sempre attuale di come lโ€™ignoranza e la superstizione possano annientare la giustizia e la pietร  umana. โ€œQuellโ€™ignoranza che lโ€™uomo assume e perde a suo piacere, non รจ una scusa ma una colpaโ€, scriveva Manzoni, con un monito che risuona ancora oggi.

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