“La corsa dietro il vento”, i racconti di Buzzati nella pièce di Gioele Dix

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Esordirà martedì 7 marzo e fino al 12 marzo, sul palco della Sala Umberto di Roma La corsa dietro il vento, scritto diretto e interpretato da Gioele Dix. Ambientato in una sorta di laboratorio letterario, a metà fra una tipografia e un magazzino della memoria, lo spettacolo attinge dal ricchissimo forziere di racconti del grande scrittore bellunese – tra cui le celebri raccolte “Sessanta racconti”, “Il colombre” e “In quel preciso momento” – e compone un mosaico di personaggi e vicende umane dove ognuno di noi può ritrovare tracce di sé.

Sotto il palazzo in cui abita un grande scrittore, piove dall’alto nel cuore della notte una pallottola di carta. Che cosa conterrà? Appunti senza importanza o versi indimenticabili da salvare? Da questo affascinante spunto, tratto da un racconto di Dino Buzzati, prende il via il nuovo spettacolo scritto e interpretato da Gioele Dix La corsa dietro il vento.

Un inedito viaggio teatrale, grazie al quale Gioele Dix, ispirandosi a personaggi e atmosfere buzzatiane, parla (anche) di sé, dei suoi gusti, delle sue inquietudini, delle sue comiche insofferenze con l’ironia e il gusto del paradosso cui ha abituato il suo pubblico, condividendo il palcoscenico con Valentina Cardinali, giovane attrice talentuosa ed eclettica

Dino Buzzati è stato scrittore, giornalista, pittore, talento multiforme, ma soprattutto un fine scrutatore d’anime. E la sua scrittura, insieme realistica e fantastica, corre sempre fulminea al punto, pur non trascurando l’eterna sospensione che caratterizza le nostre esistenze. E grazie al suo talento narrativo, assumono forma poetica paure, sogni e fantasie a noi più che familiari.

“Ho cominciato a leggere i racconti di Dino Buzzati all’età di dodici anni – scrive nelle sue note di regia Dix- Sono diventati parte del mio immaginario. La sua voce assomiglia spesso alla mia. Lo considero l’inventore di racconti perfetti, che non solo ti avvincono – perché vuoi sapere come vanno a finire – ma ti lasciano sempre un segno dentro, ineffabile però familiare”.