Mindfulness, la prima vera scuola è la pratica

0

Qualche sera fa ho partecipato a una lezione di tre ore con l’ideatore del Protocollo MBSR per la riduzione dello stress basato sulla mindfulness (consapevolezza), il biologo e professore della School of Medicine dell’Università del Massachussets, Jon Kabat-Zinn. È stato molto istruttivo ascoltarlo. Ha chiarito le idee su molti argomenti sia ai praticanti sia agli istruttori mindfulness. Ha anche ribadito che non basta una certificazione per diventare insegnanti, lui stesso ha dichiarato “nemmeno io sono qualificato per insegnare”, ma ricordiamo che ha iniziato a praticare a vent’anni senza mai smettere. È importante formarsi, studiare, prendere una certificazione -anche se in Italia non c’è nessuna legge che lo impone e non esiste una scuola ufficiale di mindfulness- ma l’unica cosa che conta alla fine è la pratica. Se un insegnante non medita tutti i giorni, non fa sua la mindfulness, non la incarna, non insegna con etica e onestà, con non giudizio, allora è tutto inutile. La prima vera scuola è la pratica: “Non chiedo nulla agli altri che non stia facendo io.”

Oltre a questo, il biologo ha anche precisato che la mindfulness, oggi, non è solo una pratica laica ma è diventata mainstream, si sta diffondendo sempre di più in tutto il mondo, è un vero e proprio movimento, oltre a essere un’attitudine che s’impara a coltivare fin dall’inizio dei tempi, ben prima del buddhismo, e che infatti non può essere rinchiusa in nessuna categoria, così come non si può certo dire che la gravità sia italiana perché Galileo era italiano.

Una delle cose che insegna la consapevolezza è imparare a sentire. Kabat-Zin ha spiegato che quando si chiede ai partecipanti al Protocollo MBSR di meditare a casa tutti i giorni per 45 minuti, non lo si fa perché si è dei sadici, ma perché le persone prima di tutto devono imparare a sentire, a entrare in contatto anche con la noia, il dolore, gli aspetti spiacevoli della vita. Si pratica a lungo fin da subito, anche se si è dei principianti, per familiarizzare con la propria mente, con il corpo e gli stati d’animo, per scoprire come si gestiscono le situazioni e come ci si sente in quel determinato momento. Insomma, per imparare a essere consapevoli.

La cosa più semplice, e allo stesso tempo la più difficile, è stare seduti senza fare nulla, chiedendosi chi siamo, cosa vogliamo, come ci sentiamo, ma senza cercare risposte, senza ragionare, senza usare il pensiero, semplicemente sentendo, essendo.

Anche l’abile mezzo di cui ha bisogno un bravo istruttore mindfulness è saper riconoscere di cosa hanno bisogno i praticanti, oltre a saperli ascoltare sinceramente, con vivo interesse, stimolando in loro una nitida volontà d’indagare se stessi. Perché è solo diventando consapevoli che ci si potrà accorgere e liberare dei condizionamenti della propri mente e imparare ad affrontare le situazioni difficili senza farsi travolgere dalle emozioni.

Si ringrazia Motus Mundi per l’iniziativa e l’incontro con Jon Kabat-Zinn.