Considera sempre il commiato / le persone al tempo dell’addio / quello che succede, che cosa fanno / prima di fare a meno di te/.
Questa la poesia di apertura dell’ultimo libro del poeta Luca Vaglio, intitolato Il mondo nel cerchio di cinque metri, uscito alcuni mesi fa per le Edizioni Marco Saya.
La presenza è tematica, che si alterna costantemente all’assenza, scandendo il ritmo di queste pagine dove il mondo, racchiuso in un cerchio di cinque metri, per riprendere lo spazio circoscritto che dà il titolo dell’opera, si focalizza o, per meglio dire, mette luce sulle cose d’intorno, mentre passeggiando per le vie si esplora la città, guardandola sempre come fosse la prima volta.
Così fa il poeta Vaglio, grandissimo osservatore della sua Milano, che descrive anche attraverso gli angoli più remoti della stessa, quelli meno battuti, mai stancandosi di camminare attraverso, intorno, dentro.
Ecco, “dentro” è certamente il termine più appropriato per descrivere queste poesie calate appieno nel loro tempo e in uno spazio ristretto che è vivo e non si disperde, ma si anima di nuove prospettive e mondi, microcosmi reali e altre volte immaginati:
di notte pioggia fitta / … / il bianco obliquo dei fari / e riflessi arancione liquido / dei lampioni fanno isole di chiaro / sull’asfalto bagnato e nero / quasi illuminano una nuova / dimensione dello spazio / come se in basso vi fosse / un mondo di vita da vedere / attraversando un sentiero stretto / una spaccatura tra i muri / delle cose, le pozzanghere / e i paraurti delle auto parcheggiate.
Quella di Luca Vaglio è una città per sentieri, vista con lentezza, attraverso un esplorare e un fermarsi nei caffè; il poeta osserva e altresì partecipa, per usare una sua evocativa espressione ad “assenze di tempo”, poiché è bello perdersi, a volte, negli “echi delle cose”, senza parlare, soltanto sentire.
Ed è così, anche, che a tratti si avverte una vena malinconica, legata agli anni e ai giochi dell’infanzia, quasi a volerne riafferrare l’essenza, pur per un attimo, di quel tempo che soltanto può viversi in toto nel presente, perché così è la fanciullezza, troppo giovane per legarsi in qualche modo al passato ché ancora è troppo poco, o al futuro ancora così lontano e ampio di possibilità.
Si legge a pagina 44 del libro:
vivere dentro l’attimo / stare nel presente / … / come quando alle elementari / durante l’intervallo / si giocava a muro / con le figurine dei calciatori.
All’osservazione del reale, del piccolo mondo intorno, si accostano sapientemente le riflessioni sui grandi temi. Che cos’è il male? E la distanza, da sé stessi e dalla cose? E la libertà che, tra gli altri, viene trattata da questi componimenti che seguono:
semplificando, la libertà / riguarda molto / il non essere. Ancora: lo spazio tra le mie parole / e le tue risposte e questa pura / grande distanza delle idee / tutta la differenza che ci separa / e ancora la forza di dirsi / furiosi, luminosi, tu sei pazzo! / sono la libertà che abbiamo / e che di nuovo ci fa correre / il rischio di conoscere / senza che siamo mai / cose dentro le cose / chiusi nelle verità / debole che non giova / essere soli a se stessi / l’ombra di essere liberi.
In chiusura, una breve riflessione sul titolo del libro, attraverso le parole dello stesso autore che in una nota presente nella raccolta, ci spiega: “Il titolo del libro prende spunto dal testo di una delle poesie. Mi sembra che sintetizzi bene l’ispirazione profonda, la tensione che, più o meno sottotraccia, avverto nei testi di questa raccolta… C’è che la percezione di ogni uomo, il suo mondo reale, se non il suo sguardo, e la capacità d’azione, per limiti fisici e sensoriali, in un momento preciso acquisiscono concretezza dentro un perimetro ridotto”.
Una provocazione quindi, nonché una sollecitazione ad osservare ciò che ci sta vicino, dal momento che privi di una visione delle cose circostanti, diventa più ardua una visione chiara delle cose ampie e distanti.