Le Magnitudini apparenti di Francesco Aprile

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La magnitudine apparente indica la luminosità osservabile dalla terra e non affatto la quantità di luce effettiva né la grandezza delle stelle. Nella sua nuova raccolta appena uscita dal titolo Magnitudini apparenti (Galassia Arte, 64 pagine, euro 12,50), Francesco Aprile disegna un firmamento di luci e ombre ad abbracciare tutti noi che, a seconda della distanza da cui possiamo vedere, osservare le cose, siamo in grado di percepirne la reale essenza, la composizione, l’anima. Ma per osservare bene necessita mettersi in certa predisposizione di spirito cosa che non ammette errori di calcolo o deviazioni.

L’attenzione è dunque lo strumento primo utilizzato dall’io poetico che non sempre può vedere a occhio nudo, come le stelle che soltanto attraverso grandi telescopi è dato osservare. L’attenzione si accompagna a un altro strumento: l’ascolto, il sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda del sentire altrui.

Le Magnitudini apparenti di Francesco Aprile

Francesco Aprile è poeta dell’ascolto, con un’attenzione che è sinonimo di ricerca e del saper attendere, per il manifestarsi di tutto ciò che natura offre,  attraverso l’uomo cui presta orecchio per imparare la lezione antica secondo cui: chi ha orecchie per intendere, intenda. Che è il primo passo di accettazione di sé e degli altri, la pietra prima di una filosofia di vita che riconosce valore al prossimo.

Esiste ancora qualcuno tra noi in grado di ascoltare gli altri con lo stesso, religioso silenzio, di quando sta scegliendo una pizza? –  si chiede il poeta.Poeta dell’ascolto e di quella comprensione che è illuminazione da cui nascono parole, frutti del talento, confidando in quella delicata voce che affonda le radici nel dubbio esistenziale.

E’ un mistico poetare, quello di Francesco Aprile, che non si (ri)vela se non a chi ha tempo per sentirsi profondamente nell’anima: Ho imparato a sentire ciò / che le persone non mi dicono […]A chiedere senza proferire / parola… Tutto chiede tempo per essere ascoltato veramente, tutto si mostra a chi sa attendere una risposta, fosse anche muta, laddove si celano segni attraverso parole non dette, forse soltanto là, negli interstizi del dire, dimora una verità che vale la pena indagare. E la verità per Aprile si esprime nel presente vissuto con e per amore.

Le Magnitudini apparenti di Francesco Aprile

Il poeta si fa così portatore di una verità cosmica che risiede nel cuore pulsante dell’universo. E dell’uomo, essere tanto fragile, che anche i suoi ricordi sono soggetti al costante mutamento. Solo con l’umiltà si può sperare in una visuale più vera della propria condizione, espiando la colpa di credersi troppo spesso onniscienti, vincendo la propria superbia, la propria arroganza: Non ha colpa più grande chi pensa / di sapere come siano le cose. Solo l’ascolto fornisce la chiave per superare le barriere di un diverso essere che chiede solo di essere (ri)conosciuto e accolto con un saluto che ne sancisca il benvenuto, moltiplicando i grazie: Sarebbe molto bello inchinarsi a ogni uomo. All’umanità. Alla grandezza e insufficienza /  di ciascuno – spirito, prima che umano. E ancora: L’Universo ha il proprio centro in ogni occhio – gratitudine e poi bellezza, in moto eliotropico.

In questa geografia astronomica risiede la bellezza dell’io poetico che sa guardare oltre l’apparenza delle cose che non sono mai come a prima vista sembrano.