Nella Londra di Edward Bond non si salva nessuno

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SAVED- Edward Bond-Teatro VascelloUn titolo pieno di speranza, Saved – “Salvati” – che si scontra però con una realtà dura, in cui la speranza ha ceduto il passo a violenza e indifferenza. Sullo sfondo di una grigia periferia londinese si intrecciano le storie di una famiglia a quelle di un gruppo di teppisti. Pam vive con i suoi genitori, che non si rivolgono la parola da anni, tuttavia vive un’esistenza dissoluta, “rimorchiando” in strada e portandosi ragazzi sempre diversi a casa. E’ così che inizia una relazione con Leonard (Len), che fa presagire un futuro più roseo per i due, lontani da quella vita alienata e ai margini. Pam rimane però incinta di Fred, verso il quale vive un trasporto quasi malato, e dà alla luce un bambino, nell’indifferenza generale. Il bambino è un figlio non voluto, un nipote non amato, solo un piccolo essere che nessuno mai chiama per nome e del quale si sentono soltanto i continui vagiti. Un giorno il neonato viene lapidato nella carrozzina per mano del padre e dei suoi amici.

Un gesto folle, terribile, di cui nessuno però accennerà a pentirsi. E del quale sono in fondo tutti colpevoli, a partire da Pam e Fred, ma anche Len – rimasto affianco alla ex per tutelare il bambino – che assiste sullo sfondo alla scena del crimine senza però intervenire. E poi ci sono Harry e Mary, nonni negligenti del bimbo ucciso, incapaci di indicare alla figlia una strada possibile per il riscatto, e l’amore familiare. Avrebbero dovuto essere un esempio anche per Len e Fred. Ma giocano la parte dell’autorità inadempiente, che non ha i mezzi per assolvere al proprio ruolo etico. E poi c’è il “branco”, composto da Fred e i suoi amici, ragazzi che vivono vite senza scopo, alienate e violente. Perché è l’unica maniera che conoscono per stare al mondo.

SAVED- Edward Bond-Teatro VascelloE’ questa la Londra di Edward Bond, che così la delinea con la sua seconda opera Saved del 1965 – punto di svolta per la storia del teatro, opera che ha contribuito a sancire la fine della censura teatrale inglese.

Sono trascorsi alcune decadi da quando Saved generò scalpore, denunciando la tolleranza sociale nei riguardi di ghetti suburbani in cui prosperano miseria, disamore e violenza aberrante. In questo copione, Bond non esitò a calcare la mano – egli stesso dichiarò che in fase di scrittura non intendeva che il bambino morisse: i giovani stavano semplicemente andando a “dare fuoco a qualcosa in un parco, ma ciò che il dramma fa è spingere le cose all’estremo”.

Raffigurando crudamente la lapidazione di un neonato in carrozzina, oltre che l’oscena esistenza di due coniugi falliti, Bond mette in scena un mondo senza speranze dove l’uccisione – per giunta di un neonato – simboleggia la lapidazione metaforica dell’innocenza e dell’umanità.

Quella di Bond è una provocazione portata all’estremo, una denuncia contro quel capitalismo che ha generato una politica colpevole di aver consapevolmente diseducato una società ormai vittima e carnefice di se stessa.

Una società in cui i genitori, tanto quanto i politici, la scuola, i giornalisti, le istituzioni dovrebbero guidare le nuove generazioni verso la salvezza, ma non ne sono capaci.

Un teatro di denuncia, un teatro politico. Crudo, disperato. Proprio come quel presente di cui parla Bond, in cui non si salva nessuno, dove si è smarrita l’innocenza e dove l’unico linguaggio noto è quello della crudeltà.

Non è un testo psicologico, in cui rintracciare i processi mentali che portano al delitto efferato, ma una tragedia le cui domande hanno una matrice fortemente politica. Non ci sono buoni e cattivi, ma uomini e donne che non hanno ereditato gli strumenti per attuare una scelta positiva. Con una ambientazione cupa, a scena mobile, il testo viene riportato in vita, in anteprima nazionale al Teatro Vascello di Roma fino al 10 dicembre. La traduzione è di Tommaso Spinelli, e la regia di Gianluca Merolli. In scena Francesco BiscioneManuela KustermannLucia Lavia, Gianluca MerolliMarco Rossetti.