In un vecchio fumetto Disney, Paperino tentava di cimentarsi nel business delle enciclopedie porta a porta. Mettendo assieme le ricerche scolastiche dei tre nipoti Qui, Quo e Qua assemblava alla bell’e meglio un’enciclopedia da vendere per sbarcare il lunario. Ma gli acquirenti ignari ben presto si rendevano conto dell’origine scolastica di voci e lemmi e il povero Paperino era costretto a restituire i soldi e beccarsi una sonora lavata di capo dall’ineffabile Pico de Paperis, il “patron” della Treppaperi, l’Enciclopedia di Paperopoli. Un’enciclopedia scritta da nerd e sfaccendati era allora una trovata di fantasia che la realtà odierna ha largamente superato. E infatti Wikipedia, l’enciclopedia liberamente scritta dagli utenti del web ha soppiantato sia le vecchie enciclopedie cartacee, come la Britannica, che rimane solo online, e la gloriosa Brockhaus germanica, che ha cessato di esistere nel 2014. In cartaceo rimane, stoicamente, solo la nostrana Treccani.
Il successo di Wikipedia, per i tempi di internet dove piattaforme e mode durano meno di una stagione, è stato un percorso lunghissimo, iniziato nel 2001, partito in modo non diverso dall’enciclopedia di Paperino. Mettendo assieme vecchie enciclopedie e poi via via testi più specialistici. Migliaia di utenti che nel corso degli anni hanno allargato a dismisura l’enciclopedia in quantità e qualità. Milioni di voci impensabili in un’enciclopedia cartacea ed un livello di approfondimento quasi infinito possibile solo grazie all’essere un gigantesco e unico ipertesto. Inizialmente guardata con sospetto (e inconfessata invidia), ora fa parte del panorama dell’informazione e il fatto di “copiare da Wikipedia” ormai non fa più notizia…
O quasi, visto il caso di questi giorni dell’eurodeputata grillina, autosospesa per alcune ricerche commissionate (e pagate coi soldi dell’europarlamento) che però sono risultate copiate dall’Enciclopedia Libera…
Milioni (miliardi?) di persone la consultano, mentre poche migliaia (qualche centinaio nel caso di quella in lingua italiana) la scrivono e la custodiscono. Un ecosistema apparentemente fragile ma che si è dimostrato incredibilmente resistente. Nelle versioni in lingue inglese, italiana, tedesca e francese, il contenuto è insospettabilmente approfondito e referenziato. Nei suoi articoli d’eccellenza supera in attendibilità gli articoli della Britannica. Apparentemente basterebbe poco per manipolare l’enciclopedia, eppure se non mancano i casi di pubblicitari, PR e politici, complessivamente l’enciclopedia rimane neutrale.
Troppo neutrale per alcuni.
Ecco perché negli ultimi giorni, in un clima di disinteresse pluriennale sul fenomeno Wikipedia (chi scrive è una mosca bianca: segue l’Enciclopedia Libera dal 2008, inizialmente sulle pagine di “Storia in Rete” e poi con saggio per Bietti, “Wikipedia, l’enciclopedia libera e l’egemonia dell’informazione”, 2014) si è tornato a parlare di questo gigantesco progetto. E assieme a Wikipedia non poteva non mancare il tormentone (più o meno fondato) su “chi c’è dietro che manipola tutto”. Le parole sono del divulgatore storico Mimmo Franzinelli, in un’intervista sulla RAI in cui commentava con Corrado Augias un articolo de “La Stampa” (giornale su cui pure Franzinelli viene ospitato). Un articolo che riprendeva con titoli da clickbait e contenuti da bar un’ “inchiesta” ospitata su “Giap”, il blog dei Wu Ming. D’altronde Franzinelli avrebbe i suoi buoni motivi per guardare con sospetto a Wikipedia: dal libero confronto fra le fonti è infatti più facile che emergano errori, omissioni o superficialità, come – fra gli altri – nel caso della dubbia attribuzione da parte di Franzinelli agli Arditi dell’uccisione di due uomini durante i disordini di Milano del 15 aprile 1919. Nella voce “Assalto all’Avanti” la citazione perfettamente neutrale di diverse fonti sull’argomento dimostra chiaramente come Franzinelli abbia preso una svista parlando di quei fatti. Eppure, piuttosto che riconoscere i propri errori, si preferisce gridare alla “manipolazione”.
Poco dopo l’uscita del nostro saggio, i seguaci del collettivo Wu Ming cercarono di ribaltare le sue tesi con scarsi risultati. Fra cui una spiacevolissima vicenda di attacchi ad hominem a un utente in particolare, esperto di questioni sulla Venezia Giulia e Dalmazia, il quale lamentò d’aver subito anche atti di stalking (in una discussione su Wikipedia ha dichiarato d’aver ricevuto email minatorie) e intromissioni nella vita lavorativa extra-wikipediana. Roba da neo-anni di piombo, in cui un gruppo di gente che gioca a fare i partigiani ha scatenato una macchina del fango personalizzata. Strategia che si ripete a intervalli irregolari contro altri utenti di Wikipedia. Lo scopo non è dimostrare le “manipolazioni” (regolarmente smentite per tabulas) di cui parlano “a sproposito” Augias e Franzinelli, ma insinuarle. Creare un clima di sospetto e diffidenza contro l’intera Enciclopedia Libera.
Se non fosse stato per l’ospitata su “La Stampa” (giornale che in altre occasioni gli stessi Wu Ming avevano definito “la Busiarda”), probabilmente la storia sarebbe già stata dimenticata. Ma l’uno-due fra l’articolo- del quotidiano torinese sull’“inchiesta” dei Wu Ming e le sentenze sparate nel programma di Augias mettono una pulce nell’orecchio: il timore che qualcosa si stia coagulando al di fuori di Wikipedia per insidiare il più grande e libero progetto culturale di tutti i tempi.
Ed è questa libertà che manda ai matti gli autori delle prolisse ricerce wuminghiane (e dei loro epigoni). Non si può perdonare a Wikipedia di aver prima scardinato e poi distrutto il ruolo pedagogico e formativo dell’intellettuale e dell’accademico. Come la rivoluzione protestante di Lutero ha svincolato il fedele dall’intermediazione del prete nella lettura delle Scritture, Wikipedia sistematizzando in maniera neutrale il sapere fornisce un indice assoluto delle fonti, senza mediazione da parte di autonominati bramini della cultura. Nei suoi 16 anni d’attività l’Enciclopedia Libera ha inciso le sue “95 Tesi” sulle rilegature in pelle delle vecchie enciclopedie cartacee. Oggi è passata all’inchiodarci direttamente le bare di una certa intellighenzia.
I Wu Ming nel loro attacco alla neutralità di Wikipedia fanno proprie le osservazioni di Miguel Gotor (già guru di Pierluigi Bersani), che nel 2010 contestava all’enciclopedia di confondere l’informazione con la conoscenza. Wikipedia, per Gotor, poteva essere solo un’affannosa raccolta di informazioni deresponsabilizzate e che mai avrebbe potuto portare ad una conoscenza con la “C” maiuscola come quella che insegnano gli intellettuali e gli accademici, quelli che hanno “digerito” le informazioni e possono trasmetterla. Una conoscenza autorizzata dall’Intellighenzia, insomma, passata per il vaglio dell’Indice della nuova inquisizione.
Gotor nel 2010 non si rendeva conto che pur partendo da una raccolta generalista di informazioni Wikipedia è una forza responsabilizzante verso il sapere. Tant’è che in tutto il mondo c’è chi suggerisce agli studenti di usare la collaborazione attiva a Wikipedia come esercizio per sviluppare le doti di buona scrittura, confronto con le tesi altrui, punto di vista neutrale e uso scientifico delle fonti. La sistematizzazione dell’informazione è portatrice di conoscenza perché mette ordine nel caos. Wikipedia non è informazione affastellata caoticamente, ma sistematizzata. Wikipedia non è anarchica, ma ha regole precise che impongono di perseguire la neutralità, costi quel che costi.
Se nel 2017 si continua a ripetere il vecchio errore di Gotor, soprattutto da parte seguaci degli autori di un romanzo storico di successo sulla rivoluzione protestante, forse il motivo è proprio questo: Wikipedia è una frustata in faccia al mediatore accademico che sia insegnante, autore di polverosi saggi monografici, maître à penser, bramino della cultura, cattivo maestro. A colui che fa “cultura” perché vuole distorcerla per fini ideologici. Si aggiunga pure che Wikipedia, nella sua rivoluzionaria veste di enciclopedia dove l’utente è anche prosumer (cioè produttore-consumatore di contenuti), trasforma il lettore da passivo uditore accoccolato sotto un pulpito in possibile contributore. Al quale sono richieste criterio, disciplina, rispetto e preparazione, è vero, ma che proprio per questo ha la potenzialità di diventare sempre più preparato e attendibile di tanti capricciosi, approssimativi, fuffosi intellettuali che qualche santo in paradiso ha fatto approdare alle più blasonate case editrici. Così come la rivoluzione di Lutero fece sì che ognuno potesse leggersi la “sua” Bibbia, oggi, grazie a Wikipedia si può approfondire un fatto in maniera neutrale senza bisogno del pulpito di turno. E magari si possono confrontare più autori e più fonti su un piede di parità, spazzando via gli ipse dixit e le rendite di posizione.
Certo, non sono tutte rose e fiori. Il dibattito su e dentro Wikipedia è sempre aperto, soprattutto perché sull’enciclopedia i limiti della conoscenza generalista sono superati da un pezzo. C’è chi vorrebbe fermarsi o almeno rallentare e chi consapevole che quei limiti sono stati superati da quasi dieci anni, e chi si rende conto che non si può e non si deve tornare indietro. Qualche utente invero morde il freno: “Tu stai proponendo una wikipedia-verità. Io voglio una wikipedia che illustri il dibattito storiografico, se rilevante” ribatte un wikipedista a un altro in uno dei dibattiti roventi in questi giorni. Una affermazione che coglie perfettamente nel segno: Wikipedia non racconta la Verità, ma dà conto dello stato dell’arte delle conoscenze su un determinato argomento. Se c’è dibattito, se ci sono versioni discordanti, Wikipedia dà conto di tutte le posizioni di una certa rilevanza, nell’ordine gerarchico di importanza relativo all’argomento in questione.
Da qualche anno inoltre Wikipedia – malgrado le intenzioni dei suoi fondatori – è diventata non solo un sistematizzatore di informazione, ma grazie a questa stessa sistematizzazione un generatore d’informazione. Da fonte secondaria-terziaria, essa è diventata per eterogenesi dei fini anche fonte primaria. Disporre in maniera ordinata quantità enormi di informazione su un determinato argomento finisce infatti per generare esso stesso nuova informazione, non foss’altro per la possibilità di confronto immediato fra le fonti extrawikipediane. Una posizione delicatissima, che non preoccupa solo l’intellighenzia, ma anche, giustamente, la comunità dei wikipedisti che per statuto deve evitare che l’Enciclopedia Libera diventi un coacervo di teorie originali, ossia prive di fonte esterna. Ma nell’evoluzione, quando compare qualcosa, essa non può più essere “disinventata”. La sfida futura dell’Enciclopedia Libera è ricominciare ad attrarre contributori (il cui numero è in preoccupante stagnazione se non calo da anni), resistere alle pressioni esterne di chi odia la sua neutralità e gestire la nuova informazione che nasce nel seno stesso dalla mole di dati che raccoglie. Una sfida non da poco, perché con l’esiguo numero di wikipedisti attivi oggi in Italia può essere facile per un gruppetto ben organizzato e maligno organizzare un “colpo di Stato” interno all’Enciclopedia e deviarla a beneficio del proprio punto di vista. Un rischio terrificante perché Wikipedia è il sesto sito più cliccato in Italia [fonte: alexa.com] e rappresenta una potenza dell’informazione da far impallidire le corazzate mediatiche (anche perché, i giornalisti che lavorano per le suddette corazzate poi copiano da Wikipedia anche se non lo ammetteranno mai…). Insomma, Wikipedia è l’unica iniziativa culturale di successo degli ultimi decenni e come tutte le grandi invenzioni umane, può essere un’arma a doppio taglio se usata male. Ma ha le qualità per superare tutte queste sfide, nell’interesse di tutti (tranne che dei Wu Ming).