Gli oggetti quotidiani? Sono poesia

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2“Poesia dell’oggetto”: così potrebbe essere identificata l’Arte di Sara Lovari, nata ad Avena, in provincia di Arezzo, che conta nella sua carriera già numerosi riconoscimenti. È stata vincitrice del premio Adrenalina Emergenti nel 2014 e finalista nella stessa stagione all’Arte Mondadori; nel 2015 è giunta in finale al Premio Catel, anno in cui conta tra l’altro una partecipazione al Festival Paratissima di Torino e all’Art Residence Norman Oklahoma alla Mainsitegallery.

È proprio l’oggetto che riveste per l’artista una valenza speciale, elevato a soggetto delle sue composizioni, che siano queste collage, pittoscultura o poesia visiva. Nel suo percorso lungo e variegato, l’artista ha creato collage ponendo come protagoniste dei suoi lavori macchine da caffè o da scrivere, contraddistinte da una particolare cromia “etrusca”, spostate dal loro contesto quotidiano verso un processo artistico capace di donare a queste una forza energetica ed emozionale che nella realtà non avvertiamo. Sicuramente questi oggetti posseggono, per la Lovari, una particolare spiritualità che spesso e volentieri viene dimenticata a causa dell’abitudine di usarli – o di averli utilizzati in passato, come la macchina da scrivere, spodestata oggi dalle moderne tecnologie. Interessante la tematica rappresentata, come è interessante la tecnica utilizzata, quella del collage, che vede assemblarsi articoli di giornali, pezzi di carta e la pittura stessa, ensemble di elementi che dà origine a prodotti artistici sapientemente elaborati.

Accanto a questa tecnica, l’artista si è avvicinata negli ultimi anni anche alla pittoscultura. Sotto4-1 quest’aspetto si possono citare sicuramente le “Donne”, che, in controtendenza a quello a cui si assiste oggi, ella veste e non sveste, dimostrando come una donna vestita possa essere più attraente di una che invece non lascia niente da scoprire. Si tratta di soggetti ripresi soprattutto da riviste di moda, alle quali viene aggiunta una lunga gonna di cartapesta che esce dalla tavola – l’opera viene così ad assumere una dimensione tridimensionale, e appunto scultorea -. Questa tendenza a vestire e non a svestire si ritrova anche nelle opere di poesia visiva dell’artista, shadowbox in cui non troviamo la nudità femminile, bensì soltanto la lingerie ritagliata in cartoncino. Per quanto riguarda la poesia visiva  è d’obbligo citare anche i “Livres” dell’artista, in permanenza alla Barbara Paci Art Gallery di Pietrasanta (con cui l’artista sarà in fiera a giugno 2017 negli Stati Uniti). Si tratta di libri, spartiti o oggetti dal sapore antico racchiusi all’interno di vetrine, dove l’unione tra titolo e composizione dà luogo a particolari significati concettuali.

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“Bèbè Gèant” (Il gigante bambino) è invece l’ultimo progetto della Lovari. Si parla di grandi scarpe in cartapesta di un metro di lunghezza, le quali vengono portate in giro per diverse città d’Italia, permettendo alle persone adulte d’indossarle; solo persone adulte, perché quelle scarpe non sono scarpe qualunque, ma sono le scarpe dei genitori che non ci sono più e indossandole si dona la possibilità di tornare sulle orme del passato e tutto questo è possibile, a patto che si comprenda che l’oggetto non è semplicemente un agglomerato di materiali, ma un insieme di magia e spiritualità.

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saralovari.it