La vittoria degli elettori bianchi

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Se la vittoria elettorale della destra nazionalista, simile a quella ultima francese, si fosse verificata in Italia a poche settimane da un grave eccidio terroristico, è facile immaginare la sequele di eventi. Si sarebbe cercato il cui prodest della strage islamista, trovandone mandanti, collegamenti e aiuti nella medesima destra. Sarebbero stati aperti dossier d’inchiesta sulla figura del terrorista fascioislamico; mandati avvisi di garanzia puntuali e mirati tra primo e secondo turno elettorale; e immancabilmente  messi sotto accusa pezzi dello Stato presunti colpevoli di sostegno a destra, quindi indirettamente a fanatici islamisti ed in ultima analisi a terroristi omicidi. Una sorta di associazione esterna di stampo fascita e\o fassunita.

Il mainstream mediatico già collega la vittoria alle regionali francese del Fronte Nazionale all’isteria antislamica e vi vede il successo della strategia dell’Isis di alBaghdādī. Invece i due tremendi atti di sangue di Parigi del 2015 hanno portato solo un punto al 30% del partito di Marine e Marion Le Pen. Come già per le presidenziali, la Francia resta spaccata in tre e poco divide nazionalisti da gollisti e socialisti al 27% ed al 23%. Questo nelle medie; a guardare meglio la mappa elettorale, sulle nuove 13 regioni il Fronte vola oltre il 40% tra nord della Lampedusa francese di Calais e sud alpino-nizzardo e della Linguadoca mentre vince in mezzo nella Loira centrale, Borgogna e Alsazia Lorena. Socialiste, le periferiche Aquitania e Bretagna. Golliste, Normandia, Loira, Reno e soprattutto la parigina Isola di Francia.

Più che l’islamismo è la Parigi della conferenza sul clima a dividere il popolo di Francia. Da un lato quello più ricco della decrescita in nome dell’ambiente; dall’altro, il più povero che teme i trend della globalizzazione.

La Francia, mondo normale europeo, non è viziata dal bizantinismo italiano. Anzi, ne è il suo nervo più sensibile. Quando Parigi ha il raffreddore, l’Europa prende la febbre. Da molto oltralpe, il nazionalismo poujadista (assimilabile al nostro qualunquismo) è forte tanto che anche il vituperato père Le Pen arrivò al ballottaggio presidenziale. L’ascesa non si deve all’intislamismo quanto all’allarme economico e sociale.

Il FN accusa l’Unione Europea di impoverire Francia e continente; propone politiche proprie sganciate da Bruxelles, Euro e Nato. Un messaggio per così dire mazziniano che indica nell’indipendenza la prima soluzione di ogni questione sociale; per altri versi, gollista di grandezza per un paese, uscito sconfitto dalla guerra e ridimensionato dalla globalizazzione. Così sulla battaglia delle idee la La Pen si mangia gollisti e socialisti: se vuoi essere veramente socialista e gollista, devi votare il Fronte. Quando dice di essere oltre destra e sinistra, deve essere presa sul serio. Più che di  leso antifascismo, si tratta di lese Yalta, postYalta e Unione Europa, nata per la difesa da un blocco sovietico scomparso da tempo.

Tra i due grandi eccidi, il dibattito estivo francese è stato dominato dall’affermazione dell’ex ministro gollista, Nadine Morano: la Francia è un paese di razza bianca. E un fatto che non solo la Francia, ma anche Europa, Italia e maggioranza dell’immigrazione nel vecchio continente sono di razza bianca.

La geopolitica fa dell’Europa la vittima bianca della globalizzazione, al contrario del passato. La sconfitta generale della guerra ed il peccato originale del colonialismo le impediscono di cercare sviluppo dove è possibile; l’impostazione Usa le è ormai nociva. Non si vede perché l’Europa, prima area economica al mondo, debba impoverirsi in attesa che il resto del mondo ne raggiunga le medie socioeconomiche.

Per questo la febbre francese non è ritorno al fascismo, semmai all’indipendentismo gollista. Crisi economica, nazionalismi ugro-polacco-scandinavi e sciagurata politica Nato nel sudest europeo accelerano l’implosione dell’Unione. Nel quadro previsto dal Financial Times, il Fronte vince con proposte logiche, capaci di trascinare dietro sé il Sudeuropa. Forse vincerà, forse gollisti e socialisti si nazionalizzeranno.

Comunque vada, il vecchio continente bianco, al bivio tra decadenza e riscatto, è destinato ad un’inevitabile acquitrino di tempi torbidi, ma vivi.