Anche i maschi hanno la loro festa. Ma si celebra solo in Bielorussia

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Buona festa, uomini. Nel senso di maschi. Si è celebrata il 23 febbraio passato. Non ve ne siete nemmeno accorti; eppure è la vostra festa ufficiale, con tanto di chiusura di pubblici esercizi e astensione ufficiale dal lavoro. Il corrispettivo esatto della festa della Donna. Contrariamente però a quest’ultima, riconosciuta universalmente urbi et orbi dal 1977, la festa dell’Uomo deve ancora trovare una legittimazione sostanziale.

Le feste laiche dell’età moderna ricordano le lotte contro la discriminazione sociale ed economica; così il 1° maggio festeggia i lavoratori ed appunto, l’8 marzo, le donne. L’età moderna ricorda con enfasi gli ultimi, i derelitti, gli sconfitti e i discriminati, o i presunti tali. Nella convinzione che per i primi, gli arrivati, i vincitori ed i raccomandati sia festa tutti i giorni.

Per molti e molte la festa dell’Uomo non è che un anacronistico dejà delle ricorrenze, di una volta, apologetiche per i potenti. A mettere pace, restano le candeline per i tanti ruoli familiari: i fidanzati, la mamma, il papà, i nonni. Il 13 febbraio possono scambiarsi gli auguri anche gli amanti. Con la nuova festa dell’Uguaglianza delle Famiglie del 4 maggio, il discorso si è allargato ai conviventi e ai genitori non etero. I figli premono per la loro giornata, il 23 maggio. I bimbi hanno già il loro 20 novembre.

A restare fuori, non è solo lo zio scapolone, ma proprio l’Uomo, in quanto tale, con i suoi vizi e virtù, eccellenze e deficienze, pregi e difetti. Non è mai l’Uomo infatti ad essere festeggiato, quanto il suo vincolo familiare. In fondo la festa viene fatta al suo portafoglio, sostegno economico, obbligatorio per legge in totus num in partis che deve puntellare la famiglia presente o trapassata. La sua festa è una colpa, inquadrabile nell’orgia, nel puttan tour, nel bunga bunga, dal quale non lo assolve nemmeno la chiamata a correo del partner. Se ogni cosa, anche il vizio, la deficienza, i difetti dell’altra metà, suonano positivamente, restano invece negativi i pregi, virtù ed eccellenze maschili.

Restano, in giro, solo tentativi miserandi, come la festa dell’uomo del 19 novembre lanciata dall’Onu a Trinidad nel ’99, apprezzata solo dalla responsabile della direzione Unesco per le donne e la pace. Oppure la festa semigoliardica del Nordest del 2 agosto, data che in dialetto si trasforma nel riferimento esplicito ai cosiddetti. Altrove si sarebbe parlato di festa de’cojoni. Troppa polvere è calata sui simboli virili che ad ogni miglio celebravano la festa dei costruttori di strade.

Buona festa, uomini. C’è ed esiste, ufficiale e festeggiata, il 23 febbraio. Per ora solo in Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan. Così vera da trarre la sua origine da un fatto storico (una vittoria militare russa sui tedeschi nel 1920) mai avvenuto. Esattamente come l’8 marzo, costruito attorno ad un tragedia mortale del lavoro femminile, che storicamente non risulta. La prova migliore che la prima ricorrenza è all’altezza della seconda. La politica e la cultura della tradizione non ne dovrebbero trascurare la forza simbolica.