Bull, l’ultima confessione di un pornoattore sfigato!

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In Bull, regia di F. Randazzo, un Francesco Apolloni in stato di grazia nei panni di uno sfigato pornoattore. di Nino Spirlì

Bull è un teatro del cazzo. Un viaggio tortuoso e drogato nello sprofondo della vita buttata di un pornoattore che non diventò mai un mito. Un superdotato sfruttato, che non ha mai fatto notizia. In una stanza squallida e miseramente arredata, un mucchietto di polvere bianca da pippare e una catasta di cose da dire. A qualcuno che sembra non voglia ascoltare. Rabbia soffocata da una sorta d’autoironia a buttare, confessata a distruggere e non per costruire un futuro da vivere. Nulla da fare, ormai, per Bull. Il toro sfigato dei pornofilm ‘de noantri’. Il testo è abilmente costruito e raccontato da Francesco Apolloni. Il linguaggio è tosto e non concede spazio ad interpretazioni altre. Il cazzo è cazzo, lo sballo è sballo. Le paure affiorano e la solitudine schiuma a ogni tiro di polvere bianca.

Lo spettacolo è vestito elegantemente, ma con poco. Apolloni si è fatto dirigere da Francesco Randazzo, ma è evidente che Bull vive in lui. Forse da tempo.

Una prova d’attore per un teatro di parola lontanissimo dai mille tentativi non riusciti, spesso rappresentati nei teatri cantina dei giorni nostri. Qui, il lavoro c’è e si vede. Nella scrittura, nell’interpretazione, nella direzione. In quello stato d’animo porco che, quasi come l’effluvio del Profumo di Grenouille di suskindiana memoria, si impossessa del pubblico. Le donne ridacchiano e sognano. Agli uomini in platea si ‘muove’ qualcosa. È evidente. Si intuisce e si ‘tocca con mano’. Le parole, infilate ad arte l’una dopo l’altra, la sensualità magistralmente dosata e soffiata dal protagonista, si insinuano nelle carni dello spettatore e lo costringono a eccitarsi. Nessuno sembra salvarsi da questa corposa masturbazione artistica. L’atmosfera è carica e complice. Unico testimone silenzioso, un corpo seminudo steso su un lettino. È di una donna. Una giovanissima barbie esotica che forse ascolta, forse no, ma, comunque, non dice. Non può. Ecco! Tutto questo è Bull, che, fra un amaro ghigno e un sorriso malandrino, consiglia di non scommettere mai coi nigeriani. Per questo e molto altro, lo spettacolo non può ambire alle sale ‘istituzionali’. Il suo destino, la sua vita vera DEVE coraggiosamente prendere corpo, vivere e morire sulle tavole dignitosamente e spavaldamente povere dei teatri OFF. In quelle stanze dove tutto si può. Irriguardosamente.

Lo spettacolo è in scena al Teatro Tordinona, a Roma. Dal 7 al 24 novembre.