“La panchina racconta”, una favola che va presa molto sul serio

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“La panchina racconta”, di Fulvia Aldegheri e Liliana Scoccimarro (Youcanprint, 2024, 166 pagine), è una favola moderna e, come tutte le favole, va presa molto seriamente. Una delle sue peculiarità è rappresentata dall’artifizio letterario che consegna il ruolo dell’io narrante a una panchina, facendo sì che le due protagoniste (le autrici stesse) diventino in un certo senso le co-protagoniste.

“La panchina racconta” è una biografia in forma di favola ed esplora l’amicizia attraverso le stagioni della vita, seguendo il legame tra Fulvia e Lilly, iniziato il primo giorno di scuola elementare e cresciuto nel tempo come il filo rosso che le unisce. Il testo si snoda tra infanzia, giovinezza, maturità e saggezza, rappresentate simbolicamente dalle stagioni. La panchina, presenza silenziosa e testimone delle loro storie, diventa metafora dell’intreccio di esperienze condivise, tra complicità, distanze e ritrovamenti. Sullo sfondo, le due protagoniste vivono un’evoluzione che si rispecchia nel fluire della vita, tra favole, ricordi e un incontro inatteso che potrebbe cambiare tutto. L’incontro sarà un’occasione per immergersi nel mondo evocativo creato dalle autrici, dove la realtà e la fantasia si fondono, lasciando aperti interrogativi affascinanti: esistono davvero Fulvia e Lilly? È solo fantasia?

Ma quest’opera letteraria di Aldegheri e Scoccimarro, come tutte le favole, ha un fondo di verità. Che si esplica attraverso un messaggio, consegnato a noi dalla panchina stessa. Uno dei punti di forza dell’opera è la sua semplicità: una panchina- narrante, nel corso delle stagioni di una vita (quella delle due autrici), ci proietta al di là di essa verso la nostra, di vita.

L’incanto  è proprio qui: nella finzione di un oggetto che diventa il personaggio di un’opera, al punto che il dramatis personae avrebbe in elenco solo lei, la panchina, troviamo l’importanza della quotidianità: troppe volte, soprattutto oggi, in quest’epoca caratterizzata dalla velocità e dall’incomunicabilità, ci lasciamo distrarre da quelli che crediamo essere grandi eventi, dimenticandoci che in realtà le cose che veramente contano per noi sono le più semplici e quotidiane?

“La panchina racconta” trasforma la sua lettura in un’esperienza immersiva in diverse discipline: fondamentale è la musica, che commenta sotto la forma di una canzone ogni capitolo del libro, come una serie di pietre miliari. Chi di noi non ha mai associato uno o più momenti della propria vita a una canzone o un balletto o un’opera musicale? Qui la musica assolve a quella funzione che aveva la madeleine in Marcel Proust in “Alla ricerca del tempo perduto”: un aroma, un’immagine, simbolizza un evento, un oggetto, un gesto, un colore e in particolare un sapore o un profumo, che evocano in noi ricordi del passato.

E qui le nostre madeleine sono le canzoni: una suggestione che ha potuto toccare con mano chi, ieri sera giovedì 24 ottobre preso il caffè letterario Incipit 23 di Milano, ha seguito alla presentazione del libro insieme alle due autrici e all’editor Renato Ghezzi, per un incontro impreziosito da momenti musicali dal vivo realizzati da Silvia Drago e Ilaria Spini, offrendo così al pubblico un’esperienza multisensoriale e, chissà, forse anche un po’ spirituale.