Nel 1962 Damiano Damiani concluse la sua trilogia psicologica con il film “L’Isola di Arturo”, dall’omonimo romanzo Premio Strega di Elsa Morante. Una storia di formazione ambientata a Procida, con il focus sull’adolescente Arturo (Vanni De Maigret), orfano di madre e con un padre assente (Reginald Kernan), la cui routine triste e solitaria cambierà il giorno in cui il genitore tornerà a casa con la moglie quindicenne (Key Meersman). A sessant’anni dall’uscita, la pellicola è stata riproposta in versione restaurata in 4K all’ultima edizione di Alice nella Città, la manifestazione autonoma della Festa del Cinema di Roma dedicata al pubblico dei ragazzi. Ospitata all’interno della sezione “Quei ragazzi”, la presentazione del film ha visto la partecipazione dei figli di Damiani: Sibilla, Cristina e Francesco che hanno condiviso col pubblico il ricordo del genitore, delle sue doti umane e artistiche, avendolo seguito sul set negli ultimi anni di vita. “La presenza dei giovani tra il pubblico mi ha colpita molto favorevolmente – afferma Sibilla Damiani – L’Isola di Arturo è un film che racconta il passaggio dall’infanzia all’età adulta, momento di vita fondamentale anche per quei ragazzi presenti alla manifestazione. Confesso che non mi aspettavo un tale apprezzamento per un film del ’62 che però, rivedendolo, ha colpito anche me per l’innegabile modernità, la stessa del libro della Morante, che descrive in profondità una fase della vita complessa da raccontare”.
Il film ritrae una crescita personale difficile, ma anche la solitudine dei ragazzi conseguente all’irresponsabilità degli adulti. Temi che lo rendono universale ed attuale
E’ interessante anche per quest’altro aspetto. Descrive perfettamente l’Italia degli anni ’50 e ’60 e rende tangibili la solitudine del protagonista, l’assenza del padre, ma anche la scoperta dell’amore e della sessualità, con il focus sul rapporto uomo-donna e un discorso appena accennato all’omosessualità. Il film affronta tutte queste tematiche attraverso la maturazione del protagonista e le sue riflessioni fuori campo.
“L’Isola di Arturo” si colloca nella ricca filmografia di tuo padre, che spazia fra diversi generi, dal poliziesco all’horror e al thriller. Versatilità e talento nel padroneggiare diverse modalità rappresentative potrebbe essere la cifra stilistica che lo distingueva da altri cineasti dell’epoca?
Mio padre ha esplorato tanti generi e per lui il genere era sempre uno strumento per raccontare a fondo la società, attraverso personaggi tormentati da grandi conflitti interiori. Il ritratto psicologico era un elemento fondamentale della sua arte, come si vede in film come La moglie più bella, dedicato alla vicenda di Franca Viola, Il giorno della civetta o Quien sabe. L’Isola di Arturo è più intimista, ma rappresenta sempre un personaggio che vive in una società molto chiusa e cerca di crescere gradualmente trovando una sua strada”
Il restauro del film è parte del progetto “100 Damiani, 1922-2022 – Viaggio nei cento anni di Damiano Damiani”, realizzato con Clipper Media. Quali saranno i prossimi eventi dell’iniziativa?
Quando abbiamo ideato questa celebrazione Clipper Media ci ha sostenuto molto, essendo una società molto attenta al cinema d’autore, distante dalle logiche dei film per il grande pubblico. Dopo l’evento a Roma proporremmo il restauro del film a Pasiano, in collaborazione con la Cinemazero di Pordenone, che gli aveva già dedicato altre iniziative. Doneremo inoltre un suo quadro a una sala della Pinacoteca che porta il suo nome. Crediamo sia doveroso che un’opera pittorica di papà rimanga nel suo paese di nascita.