Massimo Ricciuti, la musica oltre i confini

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Massimo Ricciuti è un’importante penna del giornalismo italiano ha scritto per testate come l’Avanti e Il Mattino. Oltre al suo impegno anche nel campo cinematografico e televisivo in qualità di sceneggiatore, è un cantautore la cui musica non si è mai fermata, grazie ad una visione legata al contemporaneo.

Come cantautore a chi si ispira?

Sono innanzitutto un ascoltatore di musica piuttosto onnivoro. Ho iniziato a far funzionare il giradischi dei miei genitori prima ancora di saper parlare e leggere. Riconoscevo i dischi dal colore della copertina. Erano i primissimi anni settanta e la musica che girava era di gran livello. Il pop toccava il cantautorato e non c’era molta differenza tra musica d’elite o di massa. Passavo da Bob Dylan e Leonard Cohen a Aznavour, da Neil Diamond a Cat Stevens. E poi, crescendo ho riscoperto Piero Ciampi, Luigi Tenco, Gino Paoli. E’ chiaro che tutto questo ti resta dentro e te lo porti in giro per sempre.

Spesso si dice che la stragrante maggioranza della musica dei nostri giorni sia priva di grandezza. Cosa pensa a riguardo?

Credo che stiamo definitivamente entrando in una nuova epoca. Tutte le categorie teoretiche con le quali abbiamo guardato al mondo fino ad oggi vanno assolutamente aggiornate. E’ una fase di crisi e di decadenza. Speriamo sia il preludio di una nuova rinascita. Dipende dalla nostra capacità di saper guardare oltre il nostro piccolo mondo e il nostro piccolo interesse. Dobbiamo puntare lo sguardo verso l’altro da noi. Superare il nostro egoismo, il particolarismo e essere inclusivi, aperti. Non esistono più confini. Le grandi civiltà si fondano su grandi narrazioni e hanno i loro cantori. C’è molto da scoprire sotto la superficie. E così è per noi adesso.

Cosa pensa dell’Indie pop e degli artisti che lo compongono?

E’ un mondo che è sempre stato molto attivo e attento alla contemporaneità. La musica Indie è una cultura che sembra stare ai margini ma in realtà è molto rappresentativa di quelli che sono le tendenze delle nuove generazioni. E’ una musica molto coraggiosa. Attraversa i tempi e li anticipa. Ricordo gli anni ottanta e mi vengono in mente una marea di gruppi che si muovevano underground e che poi hanno dato la vera impronta ai tempi. E’ una contro-cultura capace di affermarsi imponendosi nel mercato. E’ accaduto in Inghilterra come in Italia e anche a Napoli. Tutti sono partiti dall’Indie e poi sono diventati oggetto di interesse di massa. Gruppi e cantautori.

C’è una possibilità di un futuro roseo per il cantautorato oltre l’oscuro oceano del mainstream?

Assolutamente sì. C’è un filo che arriva da lontano, dalla scuola genovese, dal FolkStudio e che è molto effervescente. E’ trasversale e va oltre le generazioni, Ernesto Bassignano ha appena dato alle stampe un bellissimo lavoro frutto (un gioiello assoluto carico di poesia civile e di Storia) di una collaborazione tra Ondamusic.it di Alberto Menenti e Isola Tobia Label di Carlo Mercadante, tra l’altro cantautore assolutamente originale e talentuoso. Anche Edoardo De Angelis ha appena partorito uno dei suoi migliori dischi. E stiamo parlando dei padri storici del FolkStudio. Tra i giovanissimi consiglio Mattia Ringozzi, arriva dritto dalla scuola genovese. Credo che l’esplosione del mainstream possa generare un nuovo modo di fare musica. Parlo proprio di fare con le mani, come i falegnami. Oggi bisogna ascoltarsi, guardare a chi ti è vicino, collaborare, produrre insieme, c’è un pubblico altamente esigente che va fidelizzato.

Purtroppo (o per fortuna) siamo un paese sotto scacco dei talent, i cui protagonisti sono destinati a scomparire dopo poco tempo, salvo rare eccezioni.

Ognuno è libero di fare quello che vuole. Ma i talent non li guardo. E’ un discorso generale che riguarda il rapporto tra l’individuo e il concetto di successo. E’ una distorsione che riguarda tutti i mestieri. Io preferisco chi lavora con passione, chi semina, chi fa il contadino, chi fa le cose con passione, chi sbaglia e si rialza. E poi il termine successo è già di per sé un termine declinato al passato. E’ già successo…. Invece mi preme di ringraziare tutte le persone, gli artisti, i produttori, i musicisti che rendono possibile un sogno. Dobbiamo sapere che un progetto artistico nasce da un’idea ma è resa possibile grazie a un lavoro collettivo. Non c’è altro da fare che rimboccarsi le maniche e sapere che occorre saper lavorare insieme, nel frattempo ho in testa una marea di amici da citare che hanno un mare di talento e che lavorano insieme intrecciando continuamente relazioni e collaborazioni.