La poesia, la quinta essenza che non passerà mai di moda

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La quinta essenza che non passerà mai di moda

Per Orazio era il mezzo dolce per trasmettere l’utile, per noi oggi è più un luogo di espressione libera dell’emozioni.

Così la poesia celebra la parola nella sua essenza, insegna, racconta, ordina e sconvolge. L’uomo ha bisogno di poesia e la poesia ha bisogno dell’umanità per esistere, per conoscersi e riconoscersi.

Per gli antichi era l’antidoto migliore per insegnare i concetti più complessi, era il miele con cui si cosparge il bicchiere per dare al bambino una medicina che sarebbe altrimenti troppo amara. Negli anni è diventata sempre più il luogo prescelto per la manifestazione di momenti personali, una fotografia quasi perfetta di emozioni trattenute da quella parola che meglio rasenta l’io più intimo.

L’impeto del verso che ha reso eterni e sempre attuali i classici e rende sempreverdi tutte quelle parole che messe insieme sono semplicemente belle. Di una bellezza genuina, che parla da sé, perché racchiude un mistero, un messaggio criptato, ma facilmente interpretabile dalle geometrie del cuore.

La poesia celebra la sofferenza, l’amore, Dio, il limite: le quattro costanti dell’umanità, ecco perché non passerà mai di moda, ed è per questo la quinta costante o essenza che dir si voglia.

E’ il mezzo più efficace per esprimere le prime quattro. Per sfiorare l’abisso dell’infinito, per conoscere l’amore più grande con le sue mille sfaccettature, la sofferenza più atroce, la somma Bellezza.

Attraverso la poesia si riesce a scorgere quello che sta al di là del velo di Maya, al di là della superficie, al di là del tempo: il tempo prima del tempo.

La poesia arriva là dove la mente umana non ci riuscirebbe da sola. Riesce a decifrare l’indecifrabile, ordina il caos dell’anima, riesce a far conoscere l’intimo pensiero.

La poesia non è elitaria, non deve esserlo, tutti ne abbiamo bisogno, ad ogni età e qualunque sia il nostro livello di cultura. E’ un bisogno ed un rifugio e ogni cuore gentile ci si dovrebbe accostare per nobilitarsi ancor di più.

L’uomo ha bisogno di essere interpretato, e la principale conoscenza di se stessi parte proprio dalla parola poetica, che meglio di ogni altra ci ricorda che non siamo soli.

Perché condividiamo bisogni e sofferenze comuni, che nonostante il progresso e il sovrabbondare di beni materiali come surrogati e calmanti delle nostre reali esigenze, siamo sempre fermi agli stessi interrogavi dei primitivi: da dove veniamo? dove andiamo? perché viviamo? perché moriamo? perché soffriamo?

La poesia offre allora la possibilità di imparare ad accettare i numerosi misteri che fanno dell’uomo un essere superiore, perché è in grado di scorgerli, ma al contempo limitato e leopardianamente più sfortunato rispetto al gregge di pecore, che sebbene privo di intelletto almeno non soffre scoprendo l’impossibilità nel raggiungimento dell’infinito. Ma la poesia è un atto di fiducia, e anche una grande responsabilità da perpetuare.

Sono tuttavia tempi duri per i poeti, perché c’è oggi una grande banalizzazione delle parole, un’esagerazione costante di emozioni, che in realtà andrebbero custodite e curate, non abbozzate e veicolate in aforismi e frasi che sembrano dire tutto ma in realtà non lasciano niente.

La poesia deve affondare le sue radici in un sottosuolo di sostanza, di forma di profonda conoscenza di sé e del mondo. Ben venga la novità, ce lo insegnano i Futuristi e gli Avanguardisti che nonostante la totale sovversione della forma fino a quel momento frequentata, riescono a mettere ugualmente nuove basi formali per rendere strutturato il dinamico e innovativo pensiero poetico.

Il primo giorno di primavera è stato eletto come giornata mondiale della poesia, per ricordarci che la rinascita è perfettamente ciclica.

In eredità ci è stato lasciato un grande tesoro. La letteratura così come l’arte sono manifestazione della società, e non biasimo chi oggi possa per questo preoccuparsi, ma è vero che da ogni crisi sono nati grandi santi, profeti ed artisti. Perciò quella sana fiducia nell’umanità, come particella potenzialmente infinita della somma Bellezza non deve mai venire meno.

Ungaretti ci fa approdare in una candida e virginia sfera, dove il peso del mondo cessa, in cui ogni mistero è svelato.
E’ questo un grande augurio all’umanità :

Quando mi desterò
dal barbaglio della promiscuità
in una limpida e attonita sfera

Quando il mio peso mi sarà leggero

Il naufragio concedimi Signore
di quel giovane giorno al primo grido.