Classe ʼ89, Filippo Arlia è il direttore del Conservatorio “P. I. Tchaikovsky” di Nocera Terinese (è diventato il più giovane direttore di conservatorio in Italia) e fondatore dell’Orchestra Filarmonica della Calabria. La sua passione per la musica nasce fin da bambino perché – ci racconta – «ho avuto la fortuna di essere indirizzato dai miei genitori (padre musicista, madre cantante, nda). Certo in tenera età è molto difficile approcciarsi allo studio della musica classica in maniera professionale. Spesso può capitare che dei bambini particolarmente dotati, non avendo alle spalle una famiglia che li incita abbastanza nello studio, non riescono ad ottenere successo per questo motivo e non perché non abbiano talento». Il Maestro ha ben chiaro che non si sceglie dove nascere, ma come vivere forse possiamo ancora conquistarcelo. Mosso dall’attaccamento verso le sue radici, si sta spendendo per la terra natia.
Maestro, quando ha capito che la musica fosse la sua strada?
Durante l’adolescenza ho compreso che avrei fatto il musicista, quasi quando avevo concluso i miei studi di settore. Un giovane che si approccia a uno studio artistico sarà un uomo migliore domani perché attraverso queste arti si può migliorare il modo di conoscere il mondo, ma anche di relazionarsi con la società e gli altri. Da tempo penso che le scuole dell’obbligo dovrebbero far studiare la letteratura artistica esattamente come fanno studiare Leopardi.
Come la musica l’ha fatta diventare una persona migliore?
Attraverso l’emozione. Quando saliamo sul palcoscenico abbiamo come obiettivo quello di emozionare il pubblico facendolo sorridere o commuovere. La musica riesce a far scoprire prima e più intimamente le proprie possibilità emotive e poi, dal punto di vista sociale, ti relazioni con un mondo che vive di una luce tutta sua.
Lei è stato tanto all’estero e poi è rientrato. Quanto è stata dura varcare i ʻconfini mentaliʼ in terra calabrese?
La Calabria è uno dei posti più belli del mondo, è una terra dove non si scende mai sotto i 10 gradi e non si sale mai sopra i 32. C’è la perfezione assoluta. Dal punto di vista paesaggistico, culinario e turistico detiene dei primati a livello mondiale. Al contempo, purtroppo, è difficile da vivere sotto tanti punti di vista. Toccando un argomento vicino a me: è l’unica regione italiana a non avere un’ICO (istituzione concertistica orchestrale). Noi non abbiamo un teatro stabile e quindi i giovani devono emigrare per poter esercitare questa professione. Io stesso per poter arricchire il mio curriculum, negli ultimi dieci anni, ho dovuto per forza andare in altri posti. Sono stato in 30 paesi del mondo, dove ho avuto la fortuna di suonare e dirigere, oltre che di conoscere altre culture. Dopo ho deciso di ritornare a vivere in Calabria perché fondamentalmente sono uno di quegli italiani che amano vedere il sole che tramonta su Stromboli, non riesco a farne a meno. Ci sono 5000 giovani che oggi, in questa regione, studiano la musica classica. Purtroppo non potranno tutti avere la mia stessa fortuna e quindi si verificherà una fuga di cervelli.
Lei vorrebbe creare possibilità per loro?
Proprio prima che scattasse l’emergenza Covid avevo avviato a Catanzaro una raccolta firme con le associazioni culturali della città per portare all’attenzione della Regione Calabria il fatto che non abbiamo un teatro e un’orchestra stabili. Il teatro deve essere aperto alla gente.
Con quale sinfonia descriverebbe la sua terra oggi?
La quarta di Cajkovskij perché è colossale per alcuni aspetti, ma c’è sempre quella punta di rammarico che impedisce di tornartene a casa sorridendo.
Condivide un episodio OFF del suo percorso?
Mi ero appena diplomato e ho esordito all’estero in Romania, partendo da una piccola città come Bacau, suonando George Gershwin. Uno dei momenti più belli della mia carriera lo associo all’esordio al Carnegie Hall a New York e a distanza di tanti anni, in Italia, ho avuto l’opportunità di lavorare con personalità dall’esperienza superiore alla mia e da cui ho potuto apprendere. Ad esempio esibirmi con Stefano Bollani ha cambiato il mio modo di vedere il palcoscenico.
In questa fase, in quale momento si sente?
La musica è talmente vasta che mi sento agli esordi. In questo periodo di quarantena, stando fermo, ho avuto modo di approfondire il soul dove esistono degli artisti giganteschi.
Il 2 giugno è uscito l’album dedicato al coronavirus…
Sì, abbiamo registrato la scorsa estate lo “Stabat Mater” per solisti, coro e orchestra di Gioacchino Rossini – conosciuto soprattutto per l’Opera buffa. Con l’orchestra abbiamo deciso di dedicare un momento di riflessione verso le vittime del covid. Le vendite saranno devolute a un ospedale.
Cosa ne pensa della riapertura di cinema e teatri annunciata per il 15 giugno?
Posto che le orchestre realizzano le stagioni estive all’aperto; in più certo si dice che si può aprire, ma per una questione igienico sanitaria devono esserci dei posti tra uno spettatore e l’altro. Facendo questo rischiamo di trasformare il teatro, che è un luogo di aggregazione sociale, in un posto di
distanziamento sociale, il che è tristissimo. L’orchestra e i cori devono stare spalla spalla altrimenti non riescono ad andare insieme. Finché questa situazione non sarà risolta, la verità è che le orchestre resteranno ferme. Senza nulla togliere alla Settima Arte, ma la prosa e la lirica sono stati i
settori più penalizzati. L’interprete quando gira un film è abituato a recitare ʻa porte chiuseʼ; il musicista e l’attore dello spettacolo dal vivo svolgono il proprio lavoro insieme al pubblico, quindi
nel caso del cinema è mutata la modalità di fruizione del prodotto; in quello del teatro viene intaccata la natura della prestazione artistica.