Era il 2009 quando Pierdavide Carone partecipava alla nona edizione di Amici di Maria De Filippi, dove si classificava terzo e vinceva il premio della critica. Autore del brano Per Tutte Le Volte Che, portato da Valerio Scanu alla vittoria del Festival di Sanremo 2010, ha aperto i concerti di Franco Battiato, duettato con Lucio Dalla e denunciato la pedofilia con i Dear Jack. Ed ora per il cantautore è il momento di invitarci alla ripartenza con Forza e Coraggio!, inno alla resilienza che nasce dall’urgenza di parlare di un momento di grande difficoltà che ha segnato la sua vita più recente, costringendolo ad un periodo di silenzio artistico.
Mi racconta come nasce il suo nuovo singolo?
Questo brano nasce nel periodo forse più difficile della mia vita adulta, quando per motivi sia lavorativi che personali mi sono trasferito da Roma a Milano, dove ho dovuto in qualche modo ricominciare da capo. È stata una delle prime canzoni incise di quello che sarà il mio prossimo disco, registrato interamente prima dell’uscita di Caramelle ma poi momentaneamente messo da parte per promuovere il duetto e il conseguente tour coi Dear Jack. Quando poi abbiamo ricominciato a lavorare al disco con Marco Barusso è successo quello che purtroppo sappiamo, ed è stato Marco stesso, già in fase di lockdown, a dirmi che questa canzone assomigliava tanto al periodo che stavamo vivendo tutti, pur avendo una matrice molto personale. E quando infine, non più di tre settimane fa, mi ha chiamato Walter Bruno, direttore della comunicazione di Humanitas, per chiedermi se avessi una canzone per sostenerli in questo difficilissimo periodo per loro, come per tutti gli altri ospedali d’Italia e del mondo, ho capito che era davvero il momento giusto per gridare al mondo Forza e Coraggio!
Ha scelto di devolvere i proventi ricavati da questo singolo ad Humanitas. Mi spiega il perché di questa scelta?
In piena promozione di Caramelle, quando il brano andava a gonfie vele e pensavo che finalmente per me le cose si stessero poco a poco rimettendo a posto, professionalmente e umanamente, mi è stato diagnosticato un tumore. Ho dovuto inizialmente sospendere tutto e poi ridimensionare parecchio per permettere ai medici di Humanitas di curarmi. Quando finalmente mi sono lasciato tutto alle spalle si è ammalato mio padre, e grazie alla mia testardaggine sono riuscito a convincerlo a venire dalla Puglia a Milano proprio in Humanitas, dove mi ero curato io. Gli hanno imbastito una cura che, di concerto con il policlinico Giovanni XXIII di Bari, ha deciso di proseguire nella sua amata Puglia. Credo nel valore della riconoscenza, e siccome mi hanno guarito e stanno indirettamente tentando di fare lo stesso con mio padre (e aggiungiamoci anche che mia madre è infermiera nell’Ospedale di Scandiano ed ogni giorno è in trincea per tentare di supportare i medici e i pazienti nel tentare di sconfiggere il Covid19) il minimo che potessi fare è pubblicare una canzone che spero venda così tanto da non rendere il mio sostegno prettamente morale.
Personalmente come ha vissuto questo periodo di quarantena?
Personalmente bene, nell’ultimo anno ho visto tanti posti e altrettante persone, e ho avuto davvero rarissimi momenti per star da solo con me stesso. In questi due mesi sono stato in completa solitudine e ho potuto finalmente riconnettermi con me stesso. A volte è davvero rigenerante.
Andando indietro nel tempo, ricorda quando si è sentito spinto verso la musica?
Sì, avevo cinque o sei anni ed ero attratto dalle copertine fantasiose dei 45 giri dei Beatles della collezione di mio padre. Li ho tutti scarabocchiati – che mio padre mi perdoni – però questo ha generato in me una voglia di mettermi di fronte allo specchio con una mazza di scopa e muovere i capelli a caschetto esattamente come faceva John Lennon. Poi ho massacrato i birilli di mia sorella percuotendoli sulla sua scrivania perché mi ero fissato con Ringo. Quando ho scoperto Zero, Venditti, Dalla e De Gregori ho iniziato a fondere la mia passione per la musica con quella per le parole dentro la musica.
Da Lucio Dalla è stato scelto per partecipare a Sanremo. Cosa ricorda di quell’incontro?
Ricordo lui che mi apre la porta di casa sua su una sedia a rotelle, perché si era rotto il femore qualche tempo prima cadendo da una passerella mentre cantava Caruso, ed io che con “timore reverenziale” (non rende l’idea definirlo né in questo né in qualsiasi altro modo, per quel che sentivo nello stomaco) gli faccio sentire dei provini chitarra e voce in cui c’erano il Twist Del Sud, Basta Così e Nanì. Sicuramente avrò messo altre canzoni nella playlist, ma ora non le ricordo perché su Nanì stoppò il cd e invitò me e le maestranze Sony a pranzo in un ristorante vicino casa sua, dove parlammo di tutt’altro – io credo che non parlai affatto. Fu solo qualche giorno dopo, quando mi telefonò arrabbiato perché non lo chiamavo mai, che capii che mi avrebbe prodotto l’album.
Mentre dell’esperienza di Amici cosa porta con sé?
Porto con me l’importantissima consapevolezza che tramite le mie canzoni avrei potuto raggiungere migliaia di persone e, cosa ancora più sorprendente, che queste migliaia di persone avrebbero voluto raggiungere me.
Condivide con noi un epsodio off dei suoi esordi?
È un ricordo di quando avevo 15 anni. Ero nel mio primo gruppo, gli Indian Scream, facevamo heavy metal e avevamo il nostro primo ingaggio serio a Taranto, in un posto per veri duri. Qualche giorno prima avevo subìto un intervento a un alluce che mi costringeva a portare scarpe aperte, così ricordo che feci il mio debutto nel mondo dell’heavy metal con ai piedi infradito anziché anfibi. Ero così imbarazzato e terrorizzato all’idea che a fine concerto qualcuno potesse deridermi o anche peggio che cercai di dimostrare tutta la mia durezza, nonostante i piedi scoperti, attraverso incendiari assoli. Alla fine andò tutto bene e credo di aver superato così l’ansia da palcoscenico.
Qualche festival di Sanremo fa c’è stata qualche polemica su una sua partecipazione. Quel palco è sempre ambìto?
Mentirei se dicessi che non mi piacerebbe partecipare al Festival, però la mia vita, specie con Caramelle, mi ha dimostrato che si possono ottenere risultati altrettanto importanti anche senza.
Con Caramelle e non solo ha dimostrato di toccare con la sua scrittura argomenti importanti. Cosa rappresenta la musica per lei?
La musica rappresenta la più antica forma di comunicazione degli esseri umani insieme alla pittura, viene ancora prima della comunicazione verbale. Per cui quello che voglio fare quando canto e suono è soddisfare il più primordiale dei bisogni dopo sete, fame e sonno, e cioè la comunicazione.
Cosa c’è nella sua vita oltre la musica?
Cinema, libri, poesie, cibo e sport. Vorrei che almeno una di queste cose non rientrasse solo nella categoria di “ricreazioni ludiche” ma potesse diventare un giorno anche una piacevole incursione lavorativa. In parte con qualcuna di esse è anche successo in passato o avrebbe potuto succedere, per cui chissà cosa succederà domani…
Se invece non ci fosse stata la musica cosa avrebbe fatto?
Non mi sono mai posto alternative, credo sia l’unico modo per fare un mestiere così “bastardo”.