“Nel momento in cui finisci di essere un atleta d’elìte, olimpionico, quando tutti ti aiutano, sono dalla tua parte e sei abituato agli schemi che ti hanno insegnato, agli orari, a cosa mangiare, agli allenamenti, a quando riposare, a vivere secondo gli schemi di altre persone: il tuo allenatore, il tuo preparatore atletico, il mental coach, il tuo manager; nel momento in cui chiudi con quell’attività e hai 30 anni e sei abituato ad avere il mondo a tuoi piedi, perché avevi cominciato a 15 anni a vestire la maglia azzurra e poi devi ricominciare tutto da capo. Eri osannato e ora non ti si fila più nessuno. Ti ritrovi con ragazzi di vent’anni che ti fanno i giri intorno perché sono freschi di studi, di università e quindi il problema degli atleti è l’inserimento nel mondo reale del lavoro. Perché fare l’atleta è come stare su una nuvoletta”.
Vale la pena di riportare per intero il concetto chiaramente espresso dall’ex campione olimpico Lorenzo Porzio, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene nel 2004 nella disciplina del canottaggio a quattro, senza tralasciare che dal 1998 al 2011 ha partecipato dal 1998 al 2011 a undici campionati del mondo vincendo numerose medaglie in gare internazionali e di coppa del mondo. Nel 2002 ha vinto il titolo di campione del mondo under 23, nell’anno successivo sfiora il bis conquistando l’argento. Ha vinto diciotto volte il titolo di campione d’Italia assoluto. E’ stato Tedoforo per le Olimpiadi invernali di Torino 2006. Nominato Cavaliere della Repubblica dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Tante altre vittorie non le raccontiamo perchè il bello viene dopo. Lorenzo a trent’anni finisce la sua carriera ma la sua vita prende un’altra piega, sale su un’altro podio. Tra le sue mani ha una strana pagaia, più piccola e molto efficace, una bacchetta. Lorenzo diventa un direttore d’orchestra. Suona il pianoforte da quando era un ragazzino, per riuscirci fa un lavoro pazzesco durante la sua adolescenza. Mentre gli altri durante il riposo si divertono, vanno ad una festa, si rilassano al mare, lui con gli spartiti in mano e un panino nello zainetto, studia, va alle prove e suona. E’ la sua salvezza, perchè la alla fine di una carriera ne trova un’altra.
“Nel momento in cui devi rimettere i piedi per terra o ti sei costruito qualcosa prima e sei stato lungimirante e questo costa tanta fatica, oppure è la fine. Vuol dire che tra un allenamento e l’altro, quindi almeno otto ore al giorno, gli altri dormono o giocano alla Play Station e tu studi. Ma è tutto un fatto di organizzazione. Giravo il mondo e mi portavano il pianoforte per studiare. Incastrare tutti gli impegni, gli orari, gli esami, è durissima. Però oggi sono una persona felice, realizzata, ma tantissimi miei amici si sono trovati completamente disadattati, tagliati fuori dal sistema, non sanno che fare. Vanno ad elemosinare di fare l’allenatore ad 800 euro al mese, oppure sono costretti di entrare nei corpi militari e poi si ritrovano a fare i piantoni, alzano ed abbassano la sbarra, dopo che hanno vinto medaglie alle olimpiadi. E’ frustrante per un uomo. Psicologicamente non si è più se stessi. Nessuno ti insegna cosa sarà dopo e allora bisogna prevenire questo momento. Con lo sport pensi al massimo alla fine dell’anno, quando ci sarà il mondiale. Al limite puoi pensare al quadriennio.
Questo pensiero lo hai avuto da solo o perché tu hai avuto un padre che era anche lui un atleta, un grande sportivo, ed ha fatto un percorso mentale analogo che ha potuto trasferire a suo figlio?
Lui da campione di Rugby è riuscito ad entrare presto nel mondo del lavoro, quindi da parte sua ho avuto un buon esempio: bisogna esser pronti a non aver paura di cambiare. C’è un momento in cui lo sport ti ha dato tutto e tu hai dato tutto allo sport. Allora devi avere i nervi saldi e dire adesso basta, la mia vita va da un’altra parte. Mi porto dentro comunque tutti gli insegnamenti dello sport che poi è quello a cui lo sport serve veramente. Serve per diventare un uomo migliore, perchè impari delle cose che ti ritroverai nella vita di tutti i giorni, affettiva, familiare, lavorativa. Non è importante solamente per quei pochi anni, per vincere la medaglia, guadagnare un po di soldi o far parlare di te. Un atleta rimane atleta per il resto della vita. Papà da questo punto di vista è stato un ottimo esempio, è riuscito a switchare nel momento giusto. Ma la maggior parte dei ragazzi che ho conosciuto non sono riusciti a fare questa cosa e oggi non sono delle persone felici, ma persone che devono sopravvivere ogni giorno. Oggi rifanno la gavetta a quarant’anni. Questo è il messaggio che lancio ai ragazzi che alleno. Io insegno anche musica e alleno i ragazzi che vogliono fare i canottieri.
Ma Lorenzo nasce musicista, da quando aveva sei anni ha cominciato a studiare pianoforte, organo e poi Conservatorio e quindi composizione e direzione d’orchestra.
Sono stato prestato allo sport perché ero bello cicciotto. Fra gli undici e i tredici anni ero in una fase particolare, mi chiamavano “er merendina”, ero davvero grasso. Divoravo nastrine, erano i primi anni ’90. Cominciai a fare canottaggio perché mi avevano detto che faceva dimagrire. Funzionò perché dalla taglia 54 passai alla 46 di pantaloni. Poi mi sono appassionato e innamorato di questo sport.
Però sei anche una persona molto organizzata, perché non è frequente che ci si metta in testa di fare le cose con metodo e che riesca a tutti.
Mi riesce bene perchè ho avuto la fortuna di aver saputo trasformare le mie due più grandi passioni nel mio lavoro: la musica e lo sport. Probabilmente se avessi fatto il notaio, come avrebbe voluto mio padre, che mi ha obbligato a studiare Giurisprudenza, perchè in tutto ciò ho fatto pure un po di anni all’università alla Sapienza, sarei stato un frustrato, un pessimo professionista, notaio o avvocato, perchè non era la mia passione, ed ho perseguito ciò che mi piaceva e ci ho messo però tutto il cuore, l’energia, il tempo, l’organizzazione che è uno degli aspetti fondamentali che ti insegna lo sport, il rigore, perchè se non sei organizzato non riesci a fare le cose. Questo non vuol dire non divertirsi mai, perchè ci sono i momenti di scarico, come si dice in gergo sportivo, allora stacchi la spina. Però nei momenti importanti sai dare il giusto valore, il giusto tempo e il giusto peso alle cose.
@vanessaseffer