Avere vent’anni…e abituare il corpo a distaccarsi dal desiderio

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ph. Vladislav83

Anita e Miriam sono due talentuose ballerine di un’importante compagnia di danza classica. Hanno appena vent’anni, con tanta energia e bellezza. A tenerle unite, a doppio filo, la danza, che impedisce loro di godere pienamente della vita con la spensieratezza propria della giovane età.

Non sono tanto gli allenamenti quotidiani e massacranti a relegarle in una dimensione ‘distaccata’, in cui non esistono svaghi – se non l’arrivo a tarda sera del fidanzato di Miriam e del suo amico Bruno, aspirante scrittore – quanto il loro rapporto ossessivo con il cibo.

Anita e Miriam vivono lontano da tutto – anche se la seconda ha una intensa vita social che pullula di ammiratori in attesa di suoi nuovi scatti – proprio per abituare il corpo a distaccarsi dal desiderio, dalla necessità, di essere alimentato.

Per essere ballerine, ripete spesso la severa direttrice della compagnia, l’inglese Kathy Holmes, ex danzatrice ossessionata dalla magrezza delle proprie allieve – bisogna essere leggere. Ed è proprio quell’invocata ‘leggerezza’ a diventare l’obiettivo da raggiungere con ogni mezzo: alla privazione pressoché totale dal cibo – Miriam mangia appena due arance (con la buccia) associando spesso all’ingestione episodi di vomito indotto, Anita sgranocchia gambi di sedano aspettando il tardo pomeriggio per ‘aggredire’ un secondo frutto – vengono associati i lassativi, nell’intento di svuotare fino in fondo quei corpi, ormai ridotti a pelle e ossa.  Il peso viene misurato compulsivamente 3-4 volte al giorno, osservando con preoccupazione anche le variazioni infinitesimali, mentre anche nelle serate più tiepide sopraggiungono i brividi dovuti all’ipotermia da denutrizione.

Dal canto suo, Anita, nonostante i continui tentativi di emulare l’amica, si sente sempre seconda rispetto a Miriam, ritenuta talentuosa e carismatica; è convinta sia una ballerina migliore di lei, tesi questa avvalorata, del resto, dalla evidente predilezione verso Miriam della Holmes.

Mentre Anita è combattuta dai suoi sensi di frustrazione, tra devozione e invidia, il sopraggiungere dell’estate porta con sé anche l’inizio delle prove per il nuovo balletto: ‘Ondine’, che la Holmes ha deciso di mettere in scena in una versione più moderna.

Ma ecco che, in un pomeriggio come tanti, mentre le due amiche si trovano all’interno di un supermercato per acquistare quei frutti ormai divenuti elemento essenziale della dieta di Miriam, quest’ultima si accascia a terra priva di sensi. Poche ore dopo Anita, smarrita e spaventata, in ospedale, riuscirà a cogliere soltanto alcune, terribili, parole proferite dal medico:  “purtroppo, la malnutrizione”.

Miriam era alta 1,77cm e pesava appena 42 chili. La sua morte costringerà inevitabilmente Anita a rimettere tutto in discussione, a partire proprio dal rapporto con il cibo, alla ricerca di un’identità altra, al di là della danza.

Francesca Marzia Esposito con il suo secondo romanzo “Corpi di ballo”, edito da Mondadori, ci consegna uno spaccato forte e sconcertante sul mondo della danza – che lei stessa ben conosce – e su quel sottile filo tra la vita e la morte nel quale cercano di rimanere in equilibrio le due protagoniste.

Una riflessione dura e dolorosa sull’anoressia e su quanto a vent’anni si sia pronti a mettere a rischio anche la propria vita per inseguire un futile obiettivo. “Dovevamo creare un corpo adatto alla danza, e per crearlo dovevamo per prima cosa distruggerlo” afferma una delle protagoniste.

Un racconto coinvolgente e appassionante scritto con abilità chirurgica, senza ridondanze, sbavature, parole di troppo.