Nadia Galbiati, “ideologa” dell’angolo tra le rotondità del Museo Messina

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Veduta della mostra (Instagram)

Al Museo Messina, sino al 31 marzo, Nadia Galbiati presenta una selezione delle sue sculture in dialogo poetico e sottilmente giocoso con le opere di Francesco Messina, una consuetudine del museo che così offre una offerta visiva incisiva e inusitata .

Da subito è il contrasto formale tra la vocazione geometrica delle sculture di Nadia Galbiati e la persistenza quasi-naturalistica di Francesco Messina a farla da padrone nel percorrere gli spazi e le opere.

E senza alcun dubbio il giogo minimal, capace di delegare alla forma la stessa funzione del segno, disegna il percorso lavorativo ed espressivo della giovane artista che però intesse allo spiccato controllo quasi architettonico delle sue sculture in metallo la corsa aleatoria, dell’acido che ne ha inciso le superfici. Sono, nei fatti, sculture in metallo, forme sempre vincolate al cubo, al quadrato e al loro sommarsi di angoli. Alcune superfici riportano disegni e tracce dalla spudorata forma costruttivista e architettonica affidate alla morsura dell’acido.

Credo però convenga superare il solo primo impatto, la tentazione di classificare per stili e stilemi come spesso accade. D’altronde è natura dell’arte smarrire comprensibilità nello stesso istante nel quale la si raggela in una definizione.

Ma l’arte, se capace di maturità talentuosa, di vocazione sincera e determinata, come appare nei lavori di Nadia Galbiati, mai si sottrae dal disegnare un percorso anche attraverso la storia dell’arte. La condivisione negli spazi del Museo Messina è luogo di presenza storica e conduce a confronti (a tratti urtanti anche) tra l’enfasi artistica e quasi ideologica della linea e dell’angolo di Nadia Galbiati  (come giustamente rivela Matteo Galbiati  in una sua intervista all’artista) e l’affannato annullamento di tensioni geometriche che costruisce invece le sculture di Francesco Messina.

Nadia Galbiati, "ideologa" dell'angolo tra le rotondità del Museo Messina
Quadrilatero multiplo 2017, h 40x50x50 cm, lamiera di ferro con disegno acidato a morsura, ferro verniciato – Spazio costruito 2018, h43x50x45 cm, lamiera di ferro con disegno acidato a morsura, ferro verniciato

E’ un percorso che, con un azzardo formale ma legittimazione poetica, non si arresta al solo respiro dicotomico tra astratto e tensione naturalistica,  ma ne offre la loro comunione. D’altronde è nella stessa tradizione italiana (ma non solo) che può trovare riscatto a questa proposta: artisti come Sironi, Carrà, architetti come Piacentini e gran parte della produzione artistica fascista tra mille virgolette avevano formulato proprio questa forma di realismo trasversale, obliquo, in grado di dare respiro all’assoluto geometrico e architettonico riuscendo a coniugarlo con la figura, con l’espressività naturalistica che proprio l’assoluto matematico talvolta distanzia.

Esistono in arte tradizioni dal forte carattere innovativo che la storia ha accolto ma presto congelato per ragioni talvolta esterne allo specifico artistico. Nadia Galbiati sa cogliere questa tradizione e dissipa l’etichetta astratta, minimal o geometrica dando gioia e parola allo stesso realismo delle sculture di Messina. Occorre non dimenticare che molto spesso e da troppi anni le categorie estetiche sono solo un ripiego sbrigativo che impedisce di approfondire il racconto che ogni opera, sempre, mette in scena. Ritrovare una precisione di lavoro e intenzioni che apre ad una grande occasione poetica che l’Italia ha conosciuto (e disconosciuto anche) e prodotto è segno di quanto il vigore artistico di questa mostra sappia prender per mano tanto il cubo che il filo d’erba: ci permette di sottrarci all’immediata sensazione frettolosa di lontananza tra gli stili a favore di una “attigua distanza” tra segno e disegno che, seppur raramente, è il cuore palpitante dell’arte: la sua unica e sola ragione.