Anticlassico? Pop? Difficile incasellare la nuova serie d’arte di Loris Di Falco e probabilmente non è necessario, perché quel che conta è il risultato finale. E che risultato.
Riproporre in chiave contemporanea i classici e i classiconi non è una gran novità, ma siccome Duchamp disse già tutto esponendo un cesso a una mostra e facendosi fotografare mentre giocava a scacchi con una scrittrice totalmente desnuda, torniamo a bomba su questa personale di Loris Di Falco (Ieri sarà domani) negli spazi della milanesissima Key Gallery.
In mostra una serie di fotografie su tela con interventi di oli e smalti e acrilici che decontestualizzano i capolavori della storia dell’arte (David, Velázquez, Tiziano) in duplice modo: collocandoli in ambienti apparentemente estranei alla dimensione originale (la Venere di Tiziano è sdraiata sul letto di un ex manicomio, La morte di Marat di David avviene in una vecchissima vasca da bagno del secolo scorso, La Tempesta di Giorgione ha sullo sfondo lo sky line di Milangeles e qui diventa La tempesta all’Isola) e intervenendo su di essi con pittogrammi scabri e infantili (l’Infanta di Velázquez è “attraversata” da un’automobilina rossa con…infante alla guida, mentre sull’erba di Giorgione passa un papero e sul cielo un aereo).
Ma non c’è ironia. E nemmeno dramma. Per questo Ieri sarà domani non è né anticlassico né pop. E’ Loris Di Falco e basta.
E’ “solo” la forza tranquilla dell’arte quando viene (anche) affidata a quei propulsori di creatività che sono i bambini: infatti i succitati pittogrammi che sopravvengono fisicamente sull’immagine fotografica sono direttamente ispirati a disegni effettivamente realizzati da bambini, vuoi casualmente vuoi dietro diretta richiesta dell’artista. Osservando il disegno di una bambina col gessetto sul marciapiede in zona Brera o chiedendo espressamente di realizzarne uno a parte, per poi ispirarvisi in fase di realizzazione dell’opera, come per esempio il papero e l’aeroplano de La tempesta all’Isola.
Se nella serie precedente Di Falco si era fermato all’ambientazione scabra, ora, senza abbandonare quel senso di distorsione e abbandono causati dai graffi e dalle scorticature come manifesti pubblicitari strappati, l’ambientazione è vivificata dalla presenza di “attori”, che sono i soggetti classici visti alla luce dell’elegante squallore della metropoli che vogliono farci credere sia the place to be e ri-visti con l’occhio innocente e potente del fanciullino pascoliano che è in noi.
Da segnalare il bellissimo catalogo, che è in realtà un prodotto a metà strada fra il catalogo d’arte e il libro d’artista, a tiratura limitata e numerata, con testi degli artisti Paolo Maggis e Marco Fantini.