Flo: la musica di quel Sud immenso e immaginario

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Vulcanica, versatile e raffinata, Flo, nome d’arte di Floriana Cangiano, è una delle migliori cantautrici della sua generazione. Napoletana, Flo negli ultimi anni porta in giro per l’Italia e l’Europa la sua musica, evocazione di un altrove, di un Sud immenso ed immaginario. Una laurea in canto e una in economia, ha saputo far tesoro di tutte le sue esperienze artistiche, dal musical C’era una volta… Scugnizzi di Claudio Mattone alle collaborazioni con Lino Cannavacciuolo e Daniele Sepe, per creare uno stile in uno stile peculiare, in cui lingue e suggestioni si mescolano di continuo. Accade anche nel terzo album della songwriter partenopea, La Mentirosa, che in spagnolo vuol dire bugiarda.

Perché questo titolo?

A parte il suono della parola che rimanda a quello di una spezia esotica – della serie Melissa, Zenzero e Mentirosa -, ho scelto questo titolo perché la mentira, la bugia, è la straordinaria possibilità di inventare, travestirsi, giocare a essere altro e lontano da sé.  In questo terzo disco tutto ruota intorno alla mescolanza musicale; il materiale inedito insegue continui déjà vu, il senso misterioso delle parole si appoggia ad un continuo rimando a tradizioni popolari d’altrove. La mentirosa per me non è solo un viaggio ma l’illusione di perdersi partendo. Senza però smarrire l’identità, che è il solo biglietto per tornare a casa.

Rispetto ai tuoi precedenti lavori, com’è andata la lavorazione? Quali spunti hai preso per la scrittura dei brani?

Credo che La Mentirosa sia nato dalla voglia di spingermi un po’ più in là. Mi spiego meglio. Dopo i miei concerti il pubblico è sempre entusiasta, direi addirittura felice ed emozionato, tuttavia è spaesato. Arriva, si complimenta, qualcuno mi bacia, in molti comprano il disco e altrettanti mentre stanno per andare via – ed io già esulto per averla scampata almeno stasera – si fermano e domandano: “Ma poi questo che genere è? Perché è bello…come si può definire?”. Hanno bisogno di dargli un nome, di mettere un’etichetta, di catalogare nel proprio hard disk mentale un file inaspettato. Ho cercato di rispondere a questa domanda, ma la verità è che ogni volta incappo nel circolo vizioso del troppo cantautorale per essere pop-troppo pop, per essere jazz-troppo jazz, per essere world-troppo world, per essere pop e così all’infinito. Ho capito, allora, che era più sincero andare fino in fondo, non cercarla più questa risposta, andare oltre queste appartenenze e dichiarare apertamente che per me nella musica si mescola, si sottrae, si aggiunge. Si può fare tutto. L’importante è che alla fine “a capa viaggia” e mi sembra che con La Mentirosa si viaggi parecchio.

Torniamo indietro, al tuo lavoro precedente. Il mese del rosario è un album il cui titolo riporta alla fede. Tu che rapporto hai con la religione?

Non credo in Dio. Spesso però di fronte alla perfezione della natura, dell’universo, del pensiero filosofico dell’uomo e del talento, ho vacillato. Della fede mi affascina l’aspetto rituale, la catarsi di molti riti collettivi, i luoghi di culto, la preghiera, le processioni…Mi piacerebbe avere fede.

Dal musical C’era una volta… Scugnizzi ad oggi cos’è cambiato nella vita e nella musica di Flo?

Sono passati 13 anni. E’ cambiato tutto. A quei tempi mi chiedevo cosa avrei fatto da grande; credevo che quella parentesi sarebbe durata una tournée e invece non mi sono fermata più. Oggi riconosco che è stato allora che ho imparato la disciplina del lavoro, ad onorare l’impegno preso e a garantire la professionalità ogni sera. Oggi posso solo dire che vivere di musica, nella musica, è la cosa più bella che potessi sperare per la mia vita.

Il mondo femminile ricorre spesso nei tuoi brani. Cosa significa essere donne oggi?

Il cammino verso l’uguaglianza è ancora lungo. Dall’assurdità per cui se sei intenzionata ad avere un figlio, un contratto a tempo indeterminato te lo puoi scordare, alle ultime proposte di negare alle donne gli accessi in curva allo stadio perché i tifosi devono essere liberi di assumere comportamenti animaleschi senza mettere a rischio la vita del gentil sesso. Ma siamo pazzi?! Le donne, poi, rispondono a queste sciocchezze con sciocchezze ancora più grandi tipo quella di mortificare la loro femminilità come tratto inferiore e perseguire la mascolinità come referenza necessaria per essere presi sul serio.  Io in curva non ci vado ma voglio poterci andare e, continuando la metafora calcistica, più che per un pensiero femminista, io faccio il tifo per un pensiero femminile attuale e lungimirante.

Sei tra le nostre cantautrici più apprezzate. Come ti sei “scoperta” cantautrice?

Ho sempre scritto. Ho sempre un blocchetto, un quaderno, un cellulare a portata di mano. Appunto tutto. Ho capito che ero una cantautrice quando davanti ad un dolore forte o una grande felicità l’unica cosa che riuscivo a fare era scrivere una canzone. Tuttavia ho capito che potevo definirmi cantautrice senza provare imbarazzo quando nel 2014 ho vinto il premio al miglior testo a Musicultura, la targa al miglio testo al Premio Parodi e la targa al miglio testo al premio Bianca D’Aponte.

I tuoi riferimenti musicali quali sono stati?

Carosone, Modugno, Pino Daniele, Milton Nascimento, Caetano Veloso, Gilberto Gil, Lhasa de Sela, i grandi cantautori inglesi e americani e poi la musica popolare dei Balcani, del Vicino Oriente, della penisola Iberica.

Cosa ami e cosa, invece, non ti piace del mondo della musica attuale?

Mi piace poter contare su una serie di mezzi per promuovere la mia musica in maniera libera e diretta. Detesto tutta questa scarsa qualità. Avete ascoltato l’omaggio ad Aretha Franklin di Giusy Ferreri? Ecco.

Degli esordi cosa ricordi?

Che mi sembrava assurdo ricevere dei soldi per qualcosa che avrei fatto anche gratis.

Il momento più bello del tuo percorso?

Lo scorso 1 Gennaio alla Philarmonie di Colonia con Bollani e Rava.  Stefano,  tre le altre cose, mi ha anche accompagnato in un brano che scrissi per mia nonna. Emozione indescrivibile.

Tre o più aggettivi con cui ami descriverti.

Tosta, affidabile e solitaria.

Tre o più aggettivi con cui ami descrivere la tua musica.

Compromettente, colorata e sensuale.

Da bambina come ti immaginavi?

Neppure da bambina immaginavo il futuro. Volevo fare la cantate, ma era tutto cosi lontano…

E ora come immagini il tuo futuro?

Ho tanti desideri nella testa, ma sono talmente concentrata a costruire nel presente che il futuro per me è al massimo il prossimo giovedì.