Il 28 e il 29 agosto di ogni anno a L’Aquila – città colpita dal sisma del 2009 – si rinnova il rito solenne della Perdonanza (questo termine è stato coniato da Gabriele d’Annunzio): l’indulgenza plenaria perpetua che Celestino V, la sera stessa della sua incoronazione a Pontefice, concesse a tutti i fedeli di Cristo.
Prima di salire sul soglio pontificio Pietro Angeleri – questo era il suo nome secolare – aveva trascorso molti anni di vita eremitica. Il 5 luglio 1294 fu designato dal Conclave riunito a Perugia come successore di papa Niccolò IV, la cui morte aveva lasciato vacante la sede per più di due anni.
Dall’eremo in cui si era ritirato, Sant’Onofrio al Morrone, Pietro, a dorso di un asino, mosse alla volta dell’Aquila. Il 29 agosto 1294 fu proclamato Papa nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, costruita per sua stessa volontà e consacrata nel 1288.
Alla cerimonia solenne, oltre a due re, ai cardinali e ai nobili, partecipò un’immensa folla composta, secondo le fonti, da oltre duecentomila persone, che ricevettero dal nuovo Pontefice un dono di portata straordinaria: coloro che, “confessati e sinceramente pentiti”, dai Vespri del 28 agosto fino a quelli del giorno 29, avessero visitato devotamente la basilica di Collemaggio, avrebbero ricevuto contemporaneamente la remissione dei peccati e l’assoluzione dalla pena.
Fino ad allora l’indulgenza plenaria era stata concessa solo a favore dei crociati in partenza per la Terra Santa e ai pellegrini che si recavano alla Porziuncola di Assisi: appannaggio per lo più dei ricchi, che in cambio di sostanziose elemosine avrebbero ottenuto almeno la remissione parziale dei peccati. A L’Aquila il Perdono sarebbe invece stato concesso anche a poveri e diseredati e rinnovato annualmente. Siamo di fronte al primo Giubileo della storia e per di più annuale.
Con il passare dei secoli l’evento perse molta della sua centralità. Solo tra gli anni Settanta e Ottanta vi fu una rivitalizzazione della figura di Celestino V e del carattere universale della sua Bolla del Perdono.
Nel 1983, l’allora sindaco Tullio De Rubeis decise di rilanciare la cerimonia: parallelamente alle manifestazioni religiose fu ripristinato il corteo storico (il Corteo della Bolla) per portare il documento dal Palazzo Margherita fino alla basilica di Santa Maria di Collemaggio immediatamente prima dell’apertura della Porta Santa. Su questo solco si sono mossi il sindaco Pierluigi Biondi e il nuovo Comitato che si occupa di organizzare la manifestazione: spiritualità, sobrietà e rigore filologico sono i caratteri centrali della manifestazione. Grazie alla collaborazione di storici e artisti aquilani ogni anno vengono messe in atto numerosi eventi di carattere civico e sociale che occupano l’intera settimana precedente il rito religioso, accentuando il duplice carattere secolare e spirituale della festa.
Comunque l’elemento centrale resta la Bolla del Perdono custodita in una teca a forma di aquila espressamente progettata dall’artista Remo Brindisi.
Ci troviamo di fronte a un rito che – dopo le “dimissioni” di Benedetto XVI (uno stupefacente parallelismo con Celestino) e la spinta riformatrice di Papa Francesco – è di straordinaria attualità.
Inoltre a dicembre la Perdonanza dovrebbe (per scaramanzia il condizionale è d’obbligo ma il risultato è praticamente certo) essere iscritta nell’elenco dei Patrimoni immateriali dell’Umanità.
Questo riconoscimento ridarà all’Aquila un’attenzione mondiale e consoliderà l’opera di ricostruzione, anche quella economica e sociale.