Il Futurismo ha davvero anticipato tutto: l’arte visiva, il design, le Lettere, la pubblicità. La strepitosa mostra alla Fondazione Prada di Milano lo dimostra agli occhi del visitatore sbalordito, il quale ri-troverà nell’incredibile produzione futurista molta arte contemporanea di giovani e meno giovani artisti viventi e operanti negli anni Duemila. Il Futurismo è il movimento artistico che ha rappresentato l’Italia nel mondo, forse l’unico, prima della Transavanguardia e dell’Arte Povera. E proprio il curatore superstar Germano Celant, “inventore” dell’arte Povera, fra i primi negli anni Settanta a non guardare il Futurismo con sospetto ideologico e fanatismo, ha realizzato insieme agli americani di studio 2×4 di New York, la mostra “post” e “contemporaneissima” dal titolo Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943. Una celebrazione grandiosa, che ripropone negli immensi spazi espositivi (la Fondazione Prada può in tal senso rivaleggiare con l’Hangar Bicocca) 24 ricostruzioni parziali di spazi pubblici e privati che presentarono i…pezzi da novanta della temperie futurista.
Farete un salto nel tempo “negli” allestimenti originali, praticamente il contesto spaziale (ma non solo) in cui le opere d’arte furono state create, messe in scena, vissute e interpretate dal pubblico dell’epoca. Vedrete quindi, in ambienti “ricostruiti con l’ingrandimento in scala reale delle immagini storiche, le opere originali di Giacomo Balla, Carlo Carrà, Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Filippo de Pisis, Arturo Martini, Fausto Melotti, Giorgio Morandi, Scipione, Gino Severini, Mario Sironi, Arturo Tosi e Adolfo Wildt solo per citarne alcuni una mostra dal potentissimo valore educativo, oltre che storico/estetico, che dimostra come il Futurismo avesse anticipato veramente tutto. (Emanuele Beluffi)
Tra il 1918 e il 1943 l’Italia attraversa un diffuso e prolungato indebolimento dello stato liberale. Con l’affermazione del fascismo, ci inseriamo quindi in un periodo di fermento culturale che vede un intreccio e una contaminazione continua tra aspetti politici, sociali e indagine artistica. Dal 18 febbraio al 25 giugno 2018, presso la Fondazione Prada di Milano, la mostra POST ZANG TUMB TUUUM. ART LIFE POLITICS: ITALIA 1918-1943, allestimento ideato dallo studio 2×4 di New York in dialogo con il curatore Germano Celant, esplora e ci fa rivivere uno spaccato di vita tra le due guerre mondiali, passando attraverso il pensiero di grandi intellettuali e artisti. L’esposizione, messa in piedi cooperando con archivi, fondazioni, musei, biblioteche e collezionisti privati, ha tra le sue fila più di cinquecento “testimonianze”, tra cui quadri, sculture, disegni, fotografie, manifesti, arredi, progetti e architetture realizzate da oltre cento autori del periodo.
Immergendosi nella mostra, si possono notare subito accostamenti visivamente forti, spaziando dai vortici futuristici e le “linee dure” alle forme pittoriche più dolci, passando dalla nuda scultura ai titoli segnanti dei giornali, fino ad arrivare a foto e lettere ormai sbiadite dal tempo.
La volontà di ricostruire gli spazi espositivi originali delle opere, denota una notevole attenzione al rapporto dialettico tra i singoli artisti e i movimenti d’appartenenza, facendo leva sulle singole personalità pur ben contestualizzandole all’interno di segmenti artistici che si fanno interpreti di atteggiamenti al limite tra avanguardia e sguardo futurista, pura metafisica e disarmante realismo, roboante propaganda e soliloquio intimistico.
Arrivati al Deposito si rimane schiacciati dall’imponenza delle immagini proiettate su maxischermi che torreggiano sui visitatori; l’attenzione al contesto sociopolitico viene quindi evidenziato magistralmente dalla rappresentazione di alcuni grandi eventi propagandistici del periodo e di mega allestimenti architettonici e urbanistici dal gusto ridondante e celebrativo, che sottolineano il grado di estetizzazione estrema della politica voluto dal regime. In questo contesto l’arte si rende arbitro delle dinamiche sociali, espressione qui di dissenso verso il regime, qui di approvazione e appoggio; l’artista come intellettuale, trova la sua indipendenza o sceglie di uniformarsi, critica il gusto o se ne compiace, pratica l’indifferenza o appoggia il movimento. Il pennello, la penna o lo scalpello si fanno armi del pensiero per combattere o supportare idee, l’artista si fa guerriero e portavoce, l’opera diventa manifesto e il pensiero si divide.
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