Pubblico troppo “agée” nella musica classica? Ecco la soluzione

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FB_IMG_1504987583447Qual è lo stato di salute del concertismo classico? Non buono, sostiene Piero Rattalino, decano dei critici italiani e tra i massimi esperti di pianismo in Europa. La causa è evidente: l’età media del pubblico è elevata, le poltrone vuote sono sempre di più, il ricambio generazionale è troppo debole e il saldo, alla fine, è negativo.

Soluzioni? Nessuna ricetta magica, ma secondo Rattalino una strada che potrebbe essere percorsa per provare ad invertire la tendenza e riportare il pubblico ai concerti di musica classica ci sarebbe. Il pianista e musicologo italiano la espone in un volumetto fresco di stampa L’interpretazione pianistica nel postmoderno (Rugginenti, pagg. 127, euro 15,90).

La chiave di volta risiederebbe proprio nell’epoca di transizione che stiamo vivendo, il passaggio dal moderno al postmoderno: «Il modernismo del Novecento era razionale, mentre il postmoderno è irrazionale. Il primo voleva delle verità, il secondo vuole delle opinioni. Alle attrazioni del sapere, caratteristiche del modernismo, si contrappongono il sentimento e il gioco del postmoderno». L’acuta intuizione di Rattalino è che in questo passaggio «dalla dimensione storica della musica alla dimensione mitica» è necessaria una reinterpretazione del repertorio che sappia accattivarsi il pubblico. Come? Sostituendo alla razionalità moderna, l’irrazionalità postmoderna, ovvero mostrando una “storia” sottesa alla partitura che abbia a che vedere col mito.

Un esempio? Il mito del fuggiasco nell’Appassionata di Beethoven: l’evasione e la fuga dagli inseguitori “descritta” dall’Allegro assai del I movimento, il riposo dell’evaso in una chiesetta abbandonata e l’ascolto del canto dei monaci in lontananza del II (Andante), la ripresa della corsa e la cattura con l’esecuzione del fuggiasco nell’Allegro ma non troppo-Presto del III movimento.

Il pubblico odierno, a differenza di quello passato, nella musica, «non va in cerca della sapienza ma del sentimento»: per questo, per Rattalino, il musicista non deve essere un didatta che educa l’uditorio, ma un interprete di una storia accattivante. Occorre, dunque, cambiare prospettiva e «suonare così come agiscono gli avvocati penalisti, che hanno di fronte non una giuria togata ma una giuria popolare».