Dalla musica popolare, ai giorni nostri. Il viaggio in musica dell’Orlando Furioso

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33048La fortuna dell’Ariosto e del suo Orlando furioso nel teatro italiano per musica del Seicento è tema ricco e largamente ramificato tra letteratura, musica e teatro. Il poema epico-cavalleresco pubblicato 501 anni fa (l’anno scorso, infatti, si sono celebrati i 500 anni della prima edizione, nel 1516, del Furioso) fu miniera per la materia narrativa di letterati e la vena artistica di musicisti: per questo, lo studio dei testi per musica ispirati al poema ariostesco sono campo lussureggiante per analizzare la diffusione dell’Orlando furioso in epoca moderna.

A battere un simile terreno di studio è stato Edward Milton Anderson, italianista statunitense nato nel 1966 e morto nel 2013, professore alla Rice University con un dottorato in italianistica a Cambridge. Oggi le sue ricerche sono edite (in inglese, per ora) anche qui in Italia, il paese dell’Ariosto. Anderson, con meticolosa perizia e senza alcunché trascurare, ripercorre le tappe della diffusione dell’Orlando furioso nel panorama musicale del Seicento italiano in un volume di pregio: Ariosto, Opera, and the 17th Century (Olschki, pagg. 278, euro 32, a cura di Nicola Badolato).

Prima di occuparsi esclusivamente del XVII secolo, nello specifico degli anni tra il 1609 e il 1699, Anderson precisa che la storia dell’Orlando furioso in musica inizia sul terreno della canzone popolare del Cinquecento. Molti cantastorie, infatti, inseriscono versi dell’Ariosto nelle loro improvvisazioni canore. Ma è nel Seicento che, come scrive lo studioso americano, il teatro musicale basato sull’Orlando furioso assume fondamentale importanza sia per la quantità di edizioni e rifacimenti, sia per l’alta qualità dei testi scritti (e nel cd allegato al volume Anderson riporta la trascrizione filologica di una quarantina di opere su tema ariostesco).Ludovico_Ariosto_1

Entrando nel vivo della ricerca si nota come, a partire dall’Alcina del 1609 di Sebastiano Martini, è attorno agli anni Venti del XVII secolo che esplose l’interesse verso l’Ariosto: solamente tra il 1620 e il 1635 ben quindici opere per teatro musicale (una media di una ogni anno) videro il loro soggetto tratto dal poema dell’Ariosto. La fortuna non si arrestò: quattordici opere vennero scritte tra il 1642 e il 1675 e, dal 1682 fino a fine secolo (1699), altre dieci. Lo studio di Anderson si limita al Seicento, ma, a puro titolo di cronaca, si noti che per altri due secoli, tra il 1702 e il 1800, ben novantasei opere musicali ebbero come soggetto temi tratti dal Furioso.

Insomma, la sterminata fortuna che ebbe l’Orlando non solo attesta la diffusione dell’opera in sé, ma soprattutto, grazie a questa ricerca, descrive e ridona il giusto peso ad un frammento di storia della musica dell’età moderna.

 

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Mattia Rossi
Nato a Casale Monferrato (Alessandria) nel 1986. Orgogliosamente piemontese e monferrino: ama la tavola, il vino e la nebbia della sua terra. Ha studiato Canto gregoriano a Milano e Lettere a Vercelli. Si occupa prevalentemente di musica (tutta: dal gregoriano alle avanguardie) e recensioni librarie. Ha al suo attivo diversi articoli sul canto gregoriano, sulla musica sacra, sulla musica nella "Commedia" di Dante e sulla musica trobadorica pubblicati in riviste internazionali. È anche autore dei volumi "Le cetre e i salici" (Fede&Cultura, 2015), "Rumorosi pentagrammi. Introduzione al futurismo musicale" (Solfanelli, 2018) e "Ezra Pound e la musica" (Eclettica, 2018). Giornalista e critico musicale, collabora con «Il Giornale», «Il Giornale OFF» e «Amadeus».