Tavole di luce capaci di illuminare una stanza buia, come quella al pian terreno di Palazzo Blu di Pisa. Una decina si allineano lungo le pareti sprizzando bellezza nella mostra “Mondi luce”. Farfalle, conchiglie, chiocciole, piume, fiori, ippocampi, sembrano usciti da un caleidoscopio per posarsi leggeri dietro vetri luminosi. Soggetti reali in un modo surreale degno di un Bosch, di una miniatura gotica, di una stampa cinese o di una vetrata medievale. Chi è l’autore di simili meraviglie? Una filologa, che oltre ai suoi impegni universitari, da diciannove anni lavora con passione ad un’arte colta e sofisticata, creata tutta da lei. Si chiama Carmen Dell’Aversano ed insegna alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Pisa. È una vera artista, ma lei non lo sa ed è fuori dal mondo competitivo di oggi, anche se ha già fatto alcune mostre all’estero. «Queste opere» dice con passione «sono il punto di arrivo di un percorso durato parecchi decenni, che mi ha portata dalla fotografia astratta al collage alla grafica digitale».
Ma come crea questi mondi di luce, “lightbox”? «Uso arte e scienza». Adopera lo scanner come un microscopio a basso ingrandimento scoprendo trame insospettate di pagine antiche, manoscritti, tessuti, foglie, oggetti di uso quotidiano. Così fa emergere forme mai viste prima, che senza questi strumenti tecnici non sarebbero emerse. Poi ci lavora sopra con assembramenti di oggetti impensati, che hanno tra loro legami di luce, colore, significato. Carmen gioca tra astratto e figurativo: «Utilizzo elementi figurativi che, per la loro assenza di struttura narrativa, personaggi e ambientazioni, potrebbero essere astratti». Ma soprattutto, ci tiene a ricordare che le sue opere, stampate su supporti trasparenti ed esposte in teche luminose, invertono totalmente il rapporto tra opera d’arte e luce: non hanno bisogno della luce, sono loro che la emanano.