Quell’eroe ucraino senza funerali alla Casamonica

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Anatoliy Korol, l’ucraino eroe ucciso in una rapina a Napoli

A due giorni uno dall’altro, sono morti due ucraini, Anatoliy Korol e Igor Debrin. Due colpi alla nuca per il primo, assassinato nel napoletano, da un ladro, probabilmente italiano. Un proiettile al cuore per il secondo, messo a fare muro umano davanti al suo Parlamento, durante le proteste per l’autonomia concessa al Donbass, in cui sono rimasti feriti, anche per bombe a mano, 125 tra poliziotti, giornalisti e manifestanti.

Il 38enne muratore Anatoliy, morto di sabato, lascia moglie e due figlie. Igor invece è morto lunedì a 25 anni, dopo 4 mesi di arruolamento nella Guardia Nazionale ucraina dalla natia Kherson. La morte dell’uno e dell’altro lascia atterriti per il terribile nonsense che esprime.

Tutti hanno fatto a gara, dal governatore campano De Luca, all’ex Caldoro, dal parroco locale di San Nicola al colonnello Corbellotti ed il sindaco Sorrentino, ad elogiare l’esempio del muratore ucraino, quando a tutti viene sempre raccomandato di non opporre resistenza alle rapine tanto più in un territorio dai furti ben più che frequenti.

Chissà se all’eroe Anatoliy faranno un funerale fastoso da Casamonica, chissà se penseranno alla famiglia; chissà se quella cassa del supermarket salvata, non sarà già domani rapinata. Intanto alla moglie, pur all’obitorio, hanno negato la visita al corpo del coniuge.

Anche il soldato anziano Igor, nella sala operatoria dove è spirato colpito al petto in un punto scoperto del giubbotto antiproiettile, è già un eroe. Il ministro degli Interni Avakov ha accusato dell’omicidio gli organizzatori della manifestazione, il partito Svodoba del leader Tyagnibok. Il direttore della comunicazione della polizia Shevchenko ha maledetto l’assassino del giovane miliziano confessando l’impossibilità della cattura.

Mentre la Rada Suprema con 265 voti modificava la Costituzione e dava ai territori occupati dai filorussi, l’autonomia decisa a Minsk  da Usa, Europa e Russia, tutte le armi legali ed illegali, contrabbandate dal Medio Oriente e dalla Cecenia si erano date appuntamento, incluse granate e bombe a mano. Il governo ha accusato i manifestanti e questi hanno scaricato la colpa sui provocatori del governo. Tutti si sono dati reciprocamente del nazifascista. Un gioco che l’Italia conosce bene per averlo vissuto per un decennio.

Ad uccidere Igor (ed i 7mila che l’hanno preceduto) sono stati due colpi sparati da Bruxelles. Il primo, il capriccio di un trattato commerciale di infima importanza che ha scatenato il nazionalismo russo. Il secondo, la ritirata umiliante imposta all’Ucraina da un Europa che non aveva alcuna seria intenzione di sostenere Kiev, trascinata in uno scontro suicida con Mosca.

7mila morti sono l’equivalente di due stagioni di naufragi nel Mediterraneo ma a nessuno importa, non ci sono appalti di mezzo. I filoimmigrati non hanno mai speso una parola per i troppo buoni ucraini. Gli ultimi morti di Kiev a fare notizia risalgono alla piazza Maidan di un anno e mezzo fa quando si trattava di premere per l’infausto trattato commerciale euroucraino,  che ha decretato le rovine di oggi.

Vittime del senso del dovere, morale per l’uno e obbligato per l’altro, Anatoliy e Igor sono morti dell’inconsistenza di impalpabili sistemi di sicurezza e ordine che li hanno mandati allo sbaraglio. Che oggi ne declama l’eroismo e ne cancella la memoria più importante.

Che non tutti gli immigrati sono uguali, che non tutti i governi (e polizie) sono uguali. Ce ne sono di seri e ce ne sono di quaquaraquà.

A proposito, la Mogherini si è detta molto preoccupata per gli ucraini. Molto quaquara.