Snowden, un uomo solo contro la sorveglianza orwelliana

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edward_snowden_mgn_online“So far so good”, twittava qualcuno dalle parti di Washington: “Fin qui tutto bene”. Sottolineatura sarcastica indirizzata ai rappresentanti dell’ala dura del GOP, capeggiati dal Senatore John McCain, che prevedevano l’Apocalisse, qualora fosse stata staccata la spina alle intercettazioni dell’NSA, riducendosi ad agitare lo spettro sbiadito di «un altro 11 settembre», nonostante l’evidenza dei fatti dicesse a chiare lettere che le intercettazioni di massa hanno avuto un’incidenza pressoché nulla, nella lotta al terrorismo.

Fatto sta che, ad averla avuta vinta, non sia stato un Dem ma un altro senatore della destra – quel Rand Paul che ha raccolto il testimone di papà Ron nella corsa alla nomination repubblicana per le elezioni presidenziali del 2016 – riuscito nell’impresa di bloccare la proproga della Section 215, ovvero il dispositivo che, dal 2001, conferiva alla NSA il potere pressoché illimitato di cui sopra. Blocco che arriva dopo la sentenza con cui, il 7 maggio scorso, la Corte d’Appello di New York ha annullato una precedente decisione della Corte Distrettuale, affermando che la raccolta di meta-dati attuata dalla National Security Agency prevaricava le autorizzazioni concessole dal Congresso con il Patriot Act, in quanto indiscriminata e non finalizzata a indagini.

Già, ma parliamoci chiaro: una svolta del genere non sarebbe mai stata immaginabile, senza le rivelazioni di Edward Snowden, giacché in un’epoca in cui l’ignavia regna sovrana, va da sé che a un giovane uomo che decide di sacrificare la propria libertà sull’altare di quella del Mondo intero, venga immediatamente impresso a fuoco il marchio d’infamia. Gira che ti rigira, parlando di Snowden, Nsa e Datagate, arriviamo sempre a lui, George Orwell. Sì, perché la strategia mediatica il cui obiettivo è stato sin dal primo istante far passare l’equazione Snowden uguale Traditore, è perfettamente in linea con il modus operandi del MiniVer, ovvero il Ministero della Verità che, come raccontava lo scrittore britannico nel suo 1984, aveva il compito di manipolare le notizie (financo retroattivamente) al fine di plasmarle a uso e consumo del Partito.

Quello relativo all’informazione non è che un singolo ingranaggio del meccanismo orwelliano che, visto nella sua interezza, appare come un vero e proprio Grande Fratello in grado di esercitare un potere pressoché totale sull’esistenza di chiunque proprio grazie al concetto di controllo, messo in atto ascoltando ogni singola conversazione, monitorando ogni spostamento e spegnendo sul nascere qualsivoglia focolaio, vero o presunto, di dissenso.

Vi ricorda qualcosa? Scommetto di sì. D’altra parte se è vero che siamo sempre stati consapevoli che l’avvento della Rete e l’evoluzione tecnologica che ne è conseguita ci abbiano resi intercettabili, è altrettanto vero che è grazie al coraggio di Edward Snowden che questa realtà è venuta completamente a galla, mettendoci di fronte al fatto compiuto, ovvero che non siamo intercettabili, ma intercettati; il paradosso di tutta questa storia è che il paradigma orwelliano è stato fatto passare come il trionfo della libertà individuale, quando invece è l’esatto opposto.

Il sistema, però, comincia a mostrare i primi segni di cedimento, perché il successo legislativo di Rand Paul è figlio di una vittoria per certi aspetti ancora più importante, ovvero la presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica; perfino in Italia, nonostante le notizie riguardanti Snowden e lo scandalo Datagate non siano mai state considerate da prima pagina.

Insomma, i documenti sull’attività spionistica dell’NSA divulgati da Snowden hanno letteralmente mandato in frantumi il moloch secondo cui la sicurezza richiederebbe il sacrificio della privacy tout court, utilizzato a mo’ di spaventapasseri per distogliere l’attenzione da intenti assai meno nobili come il mantenimento del potere attraverso il controllo, oltre a una diffusa attività spionistica nei confronti dei massimi rappresentanti dei governi alleati e non, al fine di avvalersene in sede di trattativa.

A conti fatti cos’è, quello compiuto da Edward Snowden, se non un gesto di portata storica destinato ad assumere sempre più i contorni di una vera e propria rivoluzione? Ce ne ricorderemo un giorno, magari tra vent’anni, rendendoci conto che senza il suo sacrificio quella di cui godiamo non sarebbe stata libertà individuale, ma solo virtuale.