Musami o Vate: va in scena il D’Annunzio esoterico

0

musami o  vateE’ bello far conoscere al lettore anche spazi storici che hanno contribuito in maniera determinante alla crescita vitale dello spettacolo in Italia. Ci sono dei luoghi, dei teatri, che sono “scenografie poetiche” in grado di emozionare lo spettatore già al suo ingresso, rendendolo partecipe e attivo al rito unico del Teatro. Uno di questi è senza dubbio il Teatro di Documenti a Testaccio dello scenografo, costumista e genio Luciano Damiani. Anche autore, drammaturgo, impresario, regista, Damiani nell’ultimo periodo della sua attività si è dedicato alle astrazioni geometriche, donando il suo teatro alle nuove generazioni di artisti alla ricerca della poesia.

Proprio qui è in scena fino al 24 maggio Musami o Vate alle colonne del vizio, un omaggio a Gabriele d’Annunzio, che è una vera e propria installazione performativa sull’atto dello scrivere, di e con Mariaelena Masetti Zannini. A giudicare da quello che vediamo, il punto di vista scelto è simile a quello dello scrittore Cajumi nei suoi Pensieri di un libertino e il corpo in questo spettacolo è assoluto protagonista. Corpo e capro espiatorio di un maestro perverso, circondato da muse/statue che perverte, contrapponendosi fra l’ideale giovanile del dandy Andrea Sperelli, a quello del satiro ammiccante dietro la sua maschera diabolica, aggressivo, vorace di debiti e di lussi, un po’ superuomo un po’ francescano.

La regista ha delle visioni, plasma il corpo di una modella, è interessata alle suggestioni esoteriche dell’immaginario dannunziano: compone un piccolo Vittoriale di bellezze femminili, tra la volontà scenografica e l’accumulo di effetti musicali. Dispiega la grande avventura esistenziale dell'”arcangelo”, con eccessi e provocazioni, facendo parlare le sue muse ispiratrici, con inesausta voglia di sperimentalismo. Si presentano: la bella Otero, Eleonora Duse, la francese e virago domestica Mazoyer, Dora la popolana. Il problema però in d’Annunzio sta anche nell’ artificio della parola, che qui ridonda, ed esce a tratti un po’ ingenua.