Non si capisce perché i docenti e chi li appoggia facciano opposizione così dura su # labuonascuola renziana. Premesso e già rimpianto che le riforme scolastiche dovrebbe farle chi ha una visione generale della cultura (merce rarissima, quasi una contraddizione in tempi di frammentazione dei saperi e di “società liquida”), non certo dei burocrati o peggio dei tecnocrati, sembra evidente, ed è ora di dirselo una #buonavolta, che quello di Renzi è il tentativo di fidelizzare un bacino di voti storicamente della sinistra, gli insegnanti attraverso un meraviglioso passepartout culturale (“per noi la scuola è basilare, la scuola è il futuro del Paese”).
Gli insegnanti per quel che ne sa, sono probabilmente troppi. Spesso, duole ma occorre dirlo, poco preparati. Per decenni sono stati assunti in base a parametri “comodi”, diciamo pure in base al tacito accordo: ti assumo con relativa facilità, ti pago poco, tu in cambio voti genericamente per noi. Genericamente a sinistra.
E’ altrettanto evidente che a questo punto della riforma le corporazioni interne all’insegnamento facciano il loro gioco: che consiste appunto nel difendere se stesse. Salvaguardando precari storici, vale a dire cercando di far valere codici e codicilli che permettano di conservare una sorta di anacronistica cooptazione burocratizzata. Precedenza a chi ha fatto i corsi abilitanti, ma attenzione a quelli che hanno tot mesi di insegnamento, ma anche a quelli che hanno conseguito il titolo xy nell’anno xz, con l’eccezione di xy, e via azzeccagarbugliando. Il fatto che, a quando sembra dagli ultimi rumores, il concorsone del prossimo ottobre sarà riservato ai soli abilitati la dice lunga. Entra chi già c’è. Anzianità. Cooptazione. Il contrario esatto del cosiddetto (e scusate la parola) merito. Non si può inneggiare alla “meritocrazia” e alla “tutela”. Sono due concetti in contraddizione. Aut aut. L’insegnante Y, che ha scritto tre libri sul Decadentismo e traduce dal greco antico all’impronta e senza vocabolario, si vedrà superata dal collega X, che è un analfabeta catafratto, ma ha conseguito l’abilitazione.
Tra concorsoni, abilitazioni, codici e codicilli vanno in secondo piano i contenuti, la cui trasmissione è il vero “patrimonio”, il vero “futuro del Paese”. Provate a orecchiare una riunione tra professori in una qualsiasi scuola. Si parla quasi solo di scartoffie: di Pof, di registri, di relazioni, di valutazioni, di tabelle. Un amico, giovane preside in un istituto privato, era capace di convocare un consiglio docenti, prendere una citazione di Tolstoj e dire “discutiamone”. Ghiaccio, silenzio e terrore tra i convocati. Era apparso un Contenuto.
Ed è altrettanto evidente che l’enfasi sulle procedure, e sul generico valore “civile” della scuola (qui ci starebbero varie considerazioni sociologiche sul fatto che, crollato l’istituto della famiglia, si demanda alla scuola praticamente tutta l’etica, la pedagogia, lo stare al mondo), ha tranne casi rari e meritori radiato dall’orizzonte cognitivo l’attenzione sulle umili ma necessarie competenze “artigianali” che andrebbero trasmesse. A sprazzi chi scrive ha insegnato (italiano e latino nei licei) accorgendosi che spesso far fare un riassunto a ragazzi di quarta-quinta superiore significava sprofondarli nel panico. Ma sull’invadenza dei discorsi secondari e contestuali nell’ambito dei programmi scolastici si aprirebbe un capitolo lunghissimo, su cui è stato scritto molto. Meglio fermarsi qui.
Con una considerazione finale. 100.000 (diciamo: “centomila”; ripetiamo: “cen-to-mi-la”) assunzioni nel pubblico allo stato attuale dell’economia sono un lusso. Un lusso, forse, antropologicamente fecondo, ma abbiamo spiegato che a riguardo qualche diffidenza è lecita, anzi doverosa. E in un contesto in cui lo Stato taglia su tutto, dalla sanità alle tutele per il lavoro. Forse gli insegnanti, prima di ritenersi il sale della terra, dovrebbero rendersi conto di questo. Altro che proteste.
Scusate, io sono insegnante, certamente non di sinistra e certamente non renziano (di questi tempi bisogna specificare entrambe le cose), ma il motivo per cui sono particolarmente incazzato, a prescindere da chi ha partorito una simile oscenità legislativa, è che grazie a questa i presidi potranno assumere direttamente gli insegnanti senza badare alle graduatorie, che già di per loro rappresentano un elemento certo per valutare i meriti, senza badare alle abilitazioni all’insegnamento: ricordo a tutti che essere istruiti non significa anche saper insegnare, senza considerare i poveri stronzi come me che hanno pagato, non poco, per poter conseguire l’abilitazione (per ora obbligatoria). Dulcis in fundo, i presidi potranno assumere anche parenti, purchę oltre il secondo grado, quindi gli zii potranno assumere i nipoti, per intenderci. Questa sarebbe #buonascuola? A me sembra più #scuolafeudale.
La scuola pubblica oltre ad essere diventata uno stipendificio da cui attingere voti è soprattutto una macchina per fabbricare futuri elettori di una sinistra tentacolare e autoritaria.
Anzichè ricercare continuamente la perfezione “ad personam” che l’esperienza ci insegna essere irraggiungibile,pensi a studiare oppure insegnare.Chi ne ha voglia e convinzione porta a termine il proprio compito,chi non ne è predisposto faccia d’altro.
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