Il nuovo FUS : Finanziarne Uno Solo!

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Con un decreto del Ministro Franceschini è entrata in vigore la riforma del sostegno statale allo spettacolo dal vivo. Si potrebbero immaginare maggiore trasparenza, riorganizzazione innovativa del settore, riscoperta del rischio culturale, risorse del Fus in linea con gli investimenti operati nei principali paesi europei, tax credit per musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante. Purtroppo non è così e l’ “annuncite” governativa torna a colpire anche condizionata da una burocrazia stantia.

Il ripristino di soluzioni abbandonate da tempo, la riscoperta di etichette riadattate per accontentare clientele politiche, storie personali e rendite di posizioni, la massa documentale richiesta, i parametri di selezione, criptici, astrusi e avulsi dalla realtà artistica, celano un solo scopo: ridurre la platea dei soggetti da sostenere. E se la selezione salvaguardasse proprio quegli oligopoli e centri di potere che ledono l’humus culturale fatto di piccole e medie iniziative private che, con il loro impegno, assicurano la libertà e l’indipendenza del palcoscenico?

Come in passato, spesso non sono i peggiori ad essere esclusi dalla “casta”, ma i più deboli, per i quali il sostegno pubblico si è tradotto in zavorra alla crescita artistica e imprenditoriale.

Paghiamo l’atavica assenza di una politica culturale che ancora assiste grandi carrozzoni, misconosce sprechi e rinuncia a definire gli obiettivi che il sostegno pubblico dovrebbe conseguire: rinnovare la scena artistica e la platea dei suoi fruitori; razionalizzare l’uso delle risorse; agevolare fiscalmente gli investimenti dei privati.

La democrazia culturale passa anche attraverso il pluralismo di voci, di esperienze, di opportunità: non vogliamo credere che l’acronimo Fus (Fondo Unico delle Spettacolo) possa anche significare Finanziarne Uno Solo.