8 milioni al Cirque du Soleil. Agli italiani niente!

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L’allegoria del provincialismo culturale nella stanca Italia è tutta nella vicenda del Cirque du Soleil all’Expo. Otto milioni e ducentomila euro di contributo pubblico a una produzione “made in Canada”. Uno spettacolo che andrà avanti da giugno alla metà di agosto e che promette di riempire il teatro di Rho per tutte le serate. La prima considerazione che viene in mente è: “ma se sbigliettano tanto che bisogno hanno del contributo pubblico?”. E la seconda è: “come mai ai teatri milanesi non sono stati assegnati contributi, se non, forse, briciole?”.

Eh sì, perché gli altri palcoscenici avranno solo la magra consolazione di “Expo in città”, serie di eventi per i quali il Comune offre supporto di comunicazione e organizzazione, ma nessun contributo “vero”. E mentre la Scala, il Piccolo, il Manzoni non si arrendono e preparano, di propria iniziativa, spettacoli nel periodo dell’Expo, monta la protesta di artisti e operatori. La stella della danza Roberto Bolle parla di situazione assurda. Si raccolgono firme indirizzate al ministro della Cultura Dario Franceschini, perché si cambi programma. L’ eventualità pare remota.

Finirà che ci prenderemo il Cirque du Soleil, il digeribilissimo e professionalissimo frullato di scuole circensi confezionato in stile Broadway. Un altro spettacolo oltre agli otto in tournée nel mondo e ai nove “stabili” tra Montreal e Las Vegas. Una cosa che con la tradizione culturale italiana c’entra praticamente nulla. O forse sarebbe meglio intensificare la protesta. E chiedere, almeno, defiscalizzazioni per i teatri che sapranno allestire una valida programmazione nel periodo dell’Expo. Gli imprenditori dello spettacolo credono alla propria cultura, e ci investono, rischiando. E’ ora che anche i politici, oltre ai selfie e agli hashtag, dimostrino di non sentirsi provincia. E di crederci.

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1 commento

  1. Direi basta contributi a tutti.
    Che vivano con i loro biglietti se ne sono capaci

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