Con Gavazzeni la foto diventa immagine atemporale

0

gavazzeni2Roland Barthes sosteneva che una fotografia fosse solo un “memento mori”. Da essa, al di là di tutte le interpretazioni possibili, si poteva trarre un unico dato certo: che in un istante del tempo quell’inquadratura c’era stata, e che poi non c’era più. L’immagine – lungi dal potersi definire “vera” o “obiettiva” – ci ricordava, insomma, che il tempo era passato, nulla di più; come se potesse aver fermato l’essere mostrandoci però l’ineluttabile divenire. Il contrario di quanto riesce a Carlo Gavazzeni Ricordi, poiché le sue immagini sono rarefatte sovrapposizioni di altre immagini che evidenziando il divenire insito in una frazione data di tempo, alla fine per contraltare, ci suggeriscono il solido permanere sottostante dell’essere. Così in suo paesaggio innevato si intravedono i personaggi di una remota passeggiata che convivono con figure più recenti; nello scorcio marino, il bagnante seduto sulla spiaggia sembra un ectoplasma di un’altra epoca se confrontato al guizzante agitarsi dell’acqua. Non è un caso che, riguardo alla serie dedicata alla città di Roma, Tahar Ben Jelloun sottolinei in Gavazzeni la raffinata capacità “di aver reso il connubio tra un passato molto antico e un presente attualissimo”.

Non fa difetto “Silent dreams”, l’ultima esposizione di Gavazzeni a Palazzo Te di Mantova (fino al 7 gennaio) in competizione e confronto con la surreale maniera di Giulio Romano, dove sono presenti 12 opere in formato monumentale stampate dal grande Arrigo Ghi, nel cui studio sono passati, tanto per dire, Luigi Ghirri e Olivo Barbieri: dalle rovine e dai fasti antichi di Roma, alle spiagge e alle terre immacolate della Puglia, sino ai templi buddisti in Giappone, immagini il cui “comun denominatore è l’atemporalità – spiega Caterina Napoleone – una sensibilità che si affranca da passato e presente, innervandosi in una dimensione senza tempo. Sospesa, struggente, reiterata, come possono essere i sogni e le allucinazioni”. Una sensibilità che discende a Carlo – crediamo – dai suoi nobili lombi: nato nel 1965 a Milano, può vantare una famiglia legata da sempre alla musica, il maestro scaligero Gianandrea Gavazzeni è suo nonno, Madina Ricordi, dell’omonima dinastia, sua madre. Una laurea in giurisprudenza fortunatamente abbandonata, e una passione per la fotografia nata maneggiando da bambino prima una Leica M4 e poi innamorandosi dell’altrettanto mitica Linhof.