L’Orchestra “Verdi” di Milano non deve essere lasciata sola

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Sul Corriere della Sera di venerdì Paolo Isotta ha denunciato, solitario nel silenzio pressoché totale della stampa nazionale (come se la grande musica a Milano – perché di questo si tratta, altro che il Fidelio orchitico di Barenboim! – fosse periferia da cronaca locale), la situazione insieme drammatica e demente dell’Orchestra “Verdi”. Drammatica, perché il rischio di chiusura d’una tal grandezza è tragedia per la musica, il buon vivere d’Italia e centinaia di posti di lavoro. Demente, perché laVerdi – come si fa chiamare ed è famosa – ha un bilancio il cui apporto statale, in vent’anni, ha rappresentato solo il 26% della somma dei suoi ricavi; con l’aggiunta tragicomica che lo stesso suo auditorium, non solo se l’è costruito da sé ma è costretta addirittura a pagarvi la tassa comunale sugli immobili, che qualsiasi senso civico vorrebbe al contrario fosse risparmiata a chi svolge un servizio pubblico straordinario come questo.

C’è tutta una mobilitazione in atto e il ministro Dario Franceschini è al corrente della situazione, in ultimo perché gli ho inviato io stesso, proprio venerdì, un sms informativo. Non può – e non vorrà – sottrarsi alla necessità di trovare la quadra coi responsabili di un’istituzione che è vanto della Cultura italiana, per coraggio d’intrapresa e scelte artistiche dalle quali sono emersi i quasi soli giovani talenti veri del podio oggi in circolazione: Jader Bignamini, Gaetano d
’Espinosa e Ruben Jais; oltre alla figura luminosa del fondatore e direttore generale: Luigi Corbani. LaVerdi va aiutata. Punto. E non soltanto perché, come dicevo, i contributi pubblici sono stati per due decenni un quarto dei suoi ricavi complessivi mentre le fondazioni “di diritto privato” hanno avuto il 60%!, ha annotato Isotta. No.
LaVerdi ha pure entrate proprie superiori a 6 delle 14 Fondazioni lirico-sinfoniche, e queste invece hanno sovvenzioni da 6 a 8 volte le sue. Non basta. Alle 12 orchestre che definisce “Istituzioni Concertistiche Orchestrali”, lo Stato riconosce contributi anche per più dell’80% del totale dei loro ricavi. Continua Isotta: “Parlare di ingiustizia è eufemistico. La cosa è ancora più scandalosa poiché laVerdi, per il repertorio, per qualità, per produttività, si colloca al vertice. […] LaVerdi non è riconosciuta dallo Stato né come Fondazione lirico-sinfonica, e produce di più, né come orchestra “ICO”. È considerata una attività “concertistica” alla stregua di quelle associazioni meritorie che, senza personale, con il sacrificio e l’impegno di alcuni appassionati, tengono in vita la musica, soprattutto nel sud, e che negli anni si sono viste ridurre i contributi pubblici, già miserevoli. Senonché, laVerdi ha creato 150 posti di lavoro stabili, più altri “aggiunti””.E alcune cronache locali dicono che questi “aggiunti” sfiorano le 700 unità. “Non possiamo assistere senza reagire alla ennesima vergogna italiana. Chiedo a tutti di sostenere l’azione meritoria de 

laVerdi scrivendo al Ministro e inviando, come faccio io, anche un sostegno materiale a questa benemerita istituzione, nata e cresciuta grazie al pubblico, quello vero che ama la musica”. Esatto. Noi ci siamo.