Se l’ARTBONUS miete vittime tra i privati (e i piccoli)

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E’ di luglio la conversione in legge del provvedimento relativo all’art bonus.  Nel corso del dibattito parlamentare, pur apprezzando l’apertura del ministro Dario Franceschini, furono presentati numerosi emendamenti, tutti respinti, per ampliare l’ambito di operatività di questo importante strumento fiscale, tra cui la possibilità che a beneficiarne fossero anche gli interventi dei privati in favore del patrimonio “non pubblico” per salvaguardare e valorizzare la rete diffusa di tanti musei e collezioni private altrimenti a rischio di decadenza e di oblio.

Ma in questa sede vogliamo soffermarci su un altro importante emendamento che non fu recepito dalla maggioranza che sostiene il governo: l’estensione del beneficio dell’art bonus anche allo spettacolo dal vivo (allineando il settore alle disposizioni già attive per cinema e audiovisivo), per incentivare la propensione dei privati a investire su attività fondamentali per la presenza del teatro, della danza, del circo in ogni angolo del Paese. La ragione del diniego fu quella che una simile previsione avrebbe dovuto trovar collocazione all’interno della riforma complessiva del settore.

Mentre attendiamo da anni l’agognata riforma, il nuovo decreto ministeriale per lo spettacolo dal vivo, in vigore dal prossimo 1° gennaio, si avvia a definire attraverso la scorciatoia amministrativa un nuovo assetto; le vittime predestinate saranno proprio quelle piccole e medie realtà dell’intrapresa privata che costituiscono il presidio culturale delle nostre città e che l’art bonus sussidiario dei privati avrebbe potuto sostenere.

In questo scenario, l’apice della contraddizione si raggiunge con l’odierna approvazione in Senato, consenziente il governo, di un emendamento alla legge di stabilità presentato dal Presidente della Commissione Cultura, in cui si prevede l’estensione dell’art bonus al sostegno delle attività di produzione delle fondazione lirico sinfoniche e dei teatri di tradizione (ancora una conferma della tendenza pubblicistica della cultura.

Se per il ministro Franceschini “si è trattato di un grande risultato”, per noi comuni cittadini è l’ennesima dimostrazione di come ancora si lavori in Parlamento, pressato da potentati e lobby che non perseguono interessi generale e collettivi, ma solo il proprio individuale tornaconto, e non basta a sconfessare questo giudizio l’aver esteso, come per costruirsi un alibi, il beneficio anche quei teatri di tradizione che spesso si trovano a competere in modo impari con la grande lirica.

Nonostante dal giorno del suo insediamento abbia manifestato la volontà di “cambiare verso”, di “rottamare”, di “porre termine alle vecchie logiche politiche”, il premier Renzi non sa che quanto accaduto oggi al Senato sa tanto di stantia e malata Prima Repubblica: provvedimenti tampone, leggine ad hoc, finanziamenti straordinari in favore sempre e soltanto di coloro che ancora oggi, nonostante il 50% del Fus assorbito, rappresentano la nota dolente dell’intero sistema dello spettacolo in Italia.

Invochiamo una marcia indietro e un po’ di sano buon senso. Se art bonus deve essere, che sia legittimato e trasparente per tutto lo spettacolo dal vivo, ora e subito in legge di stabilità: se è stato possibile per le lobby a maggior ragione lo è per tutti noi comuni cittadini.  “Lobby continua” non dorme mai, purtroppo, come la cattiva politica…
E’ ora di svegliarci.