Hyst, se il cantautore usa la lingua rap

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Disegnatore, attore, regista. E rapper inquieto, ora in tour con il suo ultimo cd, Mantra

hyst_musicaÈ un rapper moderno ed eclettico che sa unire attualità e tradizione. Lo dimostra il suo nuovo album, Mantra, e la tournée appena partita che girerà l’Italia fino a primavera. Hyst ha carica da vendere e un’apertura mentale – derivante dalle sue esperienze precedenti – che gli permettono di essere un musicista unico nel suo genere.

Cresciuto con la musica classica, è stato presto sedotto dal rock di Jimi Hendrix e dei Pink Floyd e dalle sperimentazioni di Jean Michel Jarre. La svolta definitiva avviene quando la madre sposa in seconde nozze il cantautore Stefano Rosso. «Così la musica per me divenne un processo naturale, così come era naturale al mattino ascoltare la chitarra di Django Reinhardt o la voce di Cat Stevens». Poco a che vedere con il rap, ma Hyst è artista curioso (tra l’altro anche disegnatore, attore e regista) e vuole esprimersi con un linguaggio diverso quindi sceglie la musica da strada, quella che gli permette di esprimere le sue emozioni.

«Il mio primo approccio al rap è stato attraverso i writing romani; musicalmente all’inizxio ero un po’ diffidente sul rap perché il primo Jovanotti non mi piaceva. Poi ho scoperto i Public Enemy, le radici antropologiche di questo suono, l’improvvisazione, il free style». Così ha cominciato a sparare sulla musica commerciale («le canzoni di oggi sono troppo superficiali») e ha fuso l’elettronica con i suoni del quartetto d’archi Bakura e ora prepara un nuovo disco hip hop con la chitarra acustica, unendo il rap al blues e al folk, Da tenere d’occhio.