Un pino è un pino anche quando è un sex toy? Oppure no? Le provocazioni di Paul McCarthy a Parigi

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La notizia è già stata triturata. Mangiata e digerita dalla Rete. Tanto che forse non varrebbe la pena insistere. Ma un piccolo punto fermo sembra opportuno.

Ecco i fatti: nella notte di sabato 19 ottobre, alcuni “vandali” (così li hanno definiti) hanno sgonfiato l’enorme pallone a forma di butt plug (dilatatore anale) che capeggiava in place Vendôme a Parigi. Opera di Paul McCarthy, considerato un genio del contemporaneo, il dilatatore anale somigliava a un abete, e il suo posizionamento su pubblica piazza per lanciare la Fiac (la fiera d’arte contemporanea) aveva, ovviamente, suscitato dibattito, il solito dibattito.115910920-791039cd-cdb7-467b-a00d-6081bb817565
Ed ecco alcune sommarie considerazioni. Cosa voleva comunicare l’artista sempre che volesse comunicare qualcosa? Oppure voleva semplicemente provocare?
Il dilatatore anale è un must sempre verde di McCarthy. Nel 2007 l’artista americano era salito alla ribalta con Peter Paul Chocolate Factory: in quell’anno l’artista aprì una fabbrica di cioccolato e relativo negozio all’interno della galleria Maccarone nel West Village di NY dove si produceva e vendeva a 100 dollari ognuno dei Santa Claus in cioccolato che sembravano reggere un pino di Natale, ma – ammise lo stesso artista al New Yorker – in verità trattavasi di un butt plug” giocattolo sessuale conico utilizzato come stimolatore anale. L’opera da mastro cioccolataio è stata inserita dai solerti critici della rivista Blouin Artinfo tra le 100 opere “most iconic” degli ultimi anni. Nello stesso anno, McCarthy presentava un enorme pallone gonfiabile dal titolo inequivocabile di Santa Claus with a Butt Plug, cioè un babbo natale con in mano un dilatatore anale. Mentre a Utrecht, nel 2009, apriva una mostra in un parco con vari gonfiabili giganti, tra cui il sopracitato Santa Claus, ma anche un dilatatore anale di color nero, è uno stronzo gigante di 20 metri. Stronzi, babbi natali, e butt plug hanno fatto il giro del mondo, in contesti e piazze diverse, sempre salutati come geniali provocazioni dell’arte contemporanea.

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Per rispondere alla prima domanda (cosa voleva comunicare l’artista?) lascio il campo ai critici e ai curator di professione. La neolingua dell’arte contemporanea, con lunghe perifrasi e iperboli, spiega che questi dilatori anali e questi babbi natale e questi stronzi significano assai. Chiunque può verificare in Rete. (Un paio di settimane fa, a Milano, l’artista svizzero Peter Regli aveva esposto un fallo in legno di 4 metri, che sembrava proprio un fallo, e gli organizzatori si erano peritati di spiegare che trattavasi di un complesso lavoro per cui si prendevano in esame le forme primigenie dell’architettura come la colonna nel suo aspetto fallomorfo).

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Più prosaicamente, mi sentirei di affermare che l’artista non voleva comunicare nulla di preciso se non provocare una qualche sensazione con il gigantismo e l’oscenità delle forme. Ci riesce? Non tanto e non troppo. Dopo la prima volta, in cui si prova stupore di capire che il pinetto imbracciato da babbo natale non è un pinetto bensì un sex toy (e il risolino seguente), si perde la sorpresa. Provare due volte sorpresa per lo stesso scherzo cosa è ridicolo. Al massimo si può dire “oh certo… il butt plug” e passare oltre. Come succede per le barzellette sporche, difficile riderne alla decima volta che viene raccontata. Prendiamo però in considerazione la provocazione: qualcuno davvero può sentirsi provocato da un’istallazione del genere? Con tutto quello che succede nel mondo, qualcuno ancora si spaventa del cliché del sesso? E’ ancora un tabù osservare un dilatatore anale gigante, e osservarlo per la centesima volta, anche se alto 10 metri, davvero fa ancora effetto? Non direi. Il tentativo di épater le bourgeois fallisce, sempre che ci siano ancora borghesi che non utilizzino sex toy.

Così la scelta degli organizzatori della Fiac di ricorrere all’abete/butt plug per pubblicizzare l’arte contemporanea appare quanto mai scontata. E’ una sorta di riflesso pavloviano, un po’ come succede nelle redazioni dei talk show quando per affrontare un tema scabroso, chessò la violenza delle donne, si scelgono gli ospiti più trash e improbabili: un attore che da piccolo ha subito  in collegio abusi sessuali da parte di preti, una pornostar, una suora che canta, un sessuologo che  fa interventi di chirurgia estetica di ricostruzione dell’imene… insomma un parterre de rois.

Così quelli della Fiac, scartati gli artisti normali si saranno detti, “massì McCarthy va bene”, va bene il dilatore anale gigante, fingiamo che sia un pino di Natale, poi qualche stupido si arrabbierà, qualcuno avrà da dire che occupiamo la piazza più bella di Parigi, tutto fa brodo, magari qualcuno schiaffeggerà l’artista, “sai che polemica”, magari facciamo il botto, qualcuno ci casca e buca il pallone, e lanciamo la questione della libertà dell’arte, dei reazionari che se la prendono con l’arte degenerata, dei para nazisti…

Più o meno quello che è successo, perché all’inizio l’abete/dilatatore ha suscitato polemica, McCarthy è stato schiaffeggiato (da un saggio passante), il pallone è stato bucato (per fortuna nostra) e i soliti utili idioti hanno lanciato una campagna sulla libertà dell’artista.

Breve inciso: ma perché l’artista dovrebbe essere libero in assoluto? Per quale motivo l’arte dovrebbe godere di una libertà così ampia? Perché teniamo conto più della libertà dell’artista che in nome dell’arte posiziona un dilatatore anale alto venti metri nella piazza più importante di Parigi e non teniamo conto della libertà del passante di non volere un dilatatore anale gonfiabile in quella stessa piazza? Forse perché l’arte ci migliora tutti (con i dilatatori anali) siamo disposti a concedere più libertà all’artista che al passante, forse per il messaggio recondito che l’arte ci propone e che farebbe fare un passo avanti a tutti noi, forse per una questione di civiltà?

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A proposito di messaggio e forma. L’arte ha sempre vissuto di metafore o cose simili: cioè di trasferimenti di significato. Il dilatatore anale che rimanda a un abete cosa ci suggerisce? O è un abete che rimanda a un dilatatore anale? E in questo caso, l’inversione dei termini apre nuovi significati? Se poi osserviamo bene questo dilatatore anale gigante esso sembra rimandare proprio a un dilatatore anale (e non ad altro) e da questa tautologia cosa apprendiamo? Quando usiamo un dilatatore anale è difficile che ci vanga in mente un abete, lo stesso, al contrario, quando osserviamo un abete non per forza ci sovviene un butt plug. Dunque nel corto circuito circolare tra abete/butt plug/ abete starebbe la genialità di McCarthy?

Tutte queste considerazioni lasciano il tempo che trovano. Le risposte sono nel vento. Aspettiamo spiegazioni.