I desaparecidos della cultura per quella sinistra ancora più sinistra

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 di David Colantoni

In un paese civile, il prestigio di alcuni luoghi della cultura dovrebbe garantire, a qualsiasi artista che vi si esibisce, la certezza di veder diffusa la notizia dei suoi lavori da quegli organi di stampa da cui la collettività, ancora prima di giudizi, si aspetta leale informazione. Davo per certo questo fatto, dopo aver assistito al bellissimo “Nerone” di Edoardo Sylos Labini messo in scena al teatro Manzoni di Milano. Deciso a recensire lo spettacolo aspettavo di leggere, per confrontarmi, le recensioni, che – mi dicevo – avrebbero scritto autorevoli critici teatrali per esempio del “Corriere della Sera”, o di compulsare qualcosa dalle redazioni culturali di “Repubblica”, del “Fatto quotidiano”… Insomma, dai maggiori quotidiani nazionali i quali – pensavo – hanno massima considerazione delle capacità intellettuali dei lettori, e rispetto della loro libertà di decidere; e dunque ritengono dovere etico mandare un critico a vedere, non si pretende ogni spettacolo, ma almeno quelli nei maggiori teatri delle grandi città, senza altro discrimine.

Ho atteso invano: del Nerone non c’era traccia. Mi ci è voluto poco per ricordare che questi stessi giornali avevano rifiutato di raccontare l’assenza del sindaco di Roma, Ignazio Marino, e dell’allora assessore, Flavia Barca, ai funerali di un grande scrittore italiano scomparso l’anno scorso, a me assai caro per essermi stato maestro, Aldo Rosselli, figlio di quel Nello Rosselli, storico del Risorgimento e allievo, insieme a suo fratello Carlo (autore del “ Socialismo Liberale”) dell’altrettanto celebre Gaetano Salvemini, e nella cui casa di famiglia di Pisa era persino morto, sotto  mentite spoglie inglesi, niente di meno che Giuseppe  Mazzini. Un altro desaparecidos della cultura italiana, di cui una sinistra sempre più sinistra decreta oblio.