La sinistra attualmente governa una buona parte delle città italiane. Anzi, per essere precisi, governa quasi tutti i capoluoghi di regione. E per andare più nello specifico governa, o governava, almeno tre delle città italiane più importanti per la cultura e il turismo nel nostro Paese: Roma, Milano, Venezia che sommate fanno più di 50 milioni di presenze all’anno.
Tralasciando il casus Venezia dove il Pd (dopo i guai giudiziari che hanno costretto Giorgio Orsoni a dimettersi) ha perfino finto di non conoscere il sindaco, Roma e Milano hanno giunte e primi cittadini espressione della sinistra più sinistra, anche se con declinazioni apparentemente diverse, Ignazio Marino e Giuliano Pisapia.
Molti, soprattutto a sinistra, erano convinti che i sindaci in questione avrebbero provveduto a rilanciare le progressive sorti della cultura di sinistra che, di solito, si fa coincidere con la cultura tout court. E invece i risultati sono alquanto distanti dalle aspettative.
Ignazio Marino, per ora, ha il record di sindaco di sinistra più attaccato, per frequenza e virulenza, sulla questione cultura da Repubblica. E non perché abbia virato a destra, bensì perché fa male le cose di sinistra; fatto insopportabile proprio nel quotidiano per antonomasia degli intellettuali engagé. Nessuno si aspettava, dopo i “fasti” Veltroniani e Rutelliani, una sbandata del genere nel settore di diretta militanza dove il carrozzone di uomini e braccia era già pronto in moto e pronto al ligio servizio.
Eppure le questioni del MACRO, un museo allo sbando in odore di chiusura, del teatro Valle – occupato dai nipotini dei radicalchic, invisi agli stessi radicalchic – del teatro Eliseo in fase di dismissione, del Teatro dell’Opera che tra uno sciopero e l’altro affonda, senza contare le polemiche sull’estate romana, sull’affittanza del Circo Massimo ai Rolling Stones per soli 7mila euro, sulle non-nomine nelle istituzioni culturali più prestigiose, perfino sulla spazzatura che ammorba le vie del centro come ha sottolineato Bruno Vespa… fanno di Marino un caso incomprensibile specie in quella sinistra che sulla superiorità culturale (e morale) aveva fondato il proprio consenso.
Il discorso non cambia a Milano dove Pisapia, in attesa dell’Expo, può essere “ricordato” per la nefasta area pedonale di fronte al Castello Sforzesco (a metà tra il suk e lo strapaese), per la titubanza sul caso Scala (fiducia rinnovata, ma a tempo, al Sovrintendente Pereira che non si era comportato proprio bene), per la confusione sul Teatro Arcimboldi, per la sonora assenza sulla questione della Fondazione Brera (un museo che si attende da 30 anni), per l’ectoplasmastica figura dell’assessore alla cultura che vagola di qui e di là, senza apparente meta, e di cui molti non ricordano neppure il nome.
Alla prova i sindaci di sinistra, almeno sulla questione cultura e patrimonio culturale (ambito strettamente legato al turismo, prioritario e strategico per il rilancio dell’Italia), rischiano di essere ricordati come i peggiori di sempre.
La crisi economica, avrebbe chiesto lungimiranza e coraggio, invece tra resistenze ideologiche di tipo statalistico, un’atavica protervia verso il mondo privato, e l’incapacità di progettare il futuro in piena liberta, ci troviamo al punto di prima, peggio di prima, con buona pace di Matteo Renzi, anche lui pur sempre un ex sindaco.
23.07.2014