La Rai, un’atomica da usare contro l’avversario

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C’era una volta la Rai, legata a filo doppio alla maggioranza di governo. Proseguo dell’Istituto Luce-Eiar. Venne la differenziazione partitica. Chi più l’aveva pretesa, appena l’ebbe ottenuta, prese a chiamarla, con disprezzo, lottizzazione. Erano tre reti ed erano veramente diverse, al punto che nel tempo diventarono incompatibili tra di loro. Proprio allora comparve, chissà da dove, l’eresia, la Tv privata.

Il sole non girava più attorno alla terra. Fu dura lotta per impedire che l’eresia si diffondesse fino all’informazione (politica) fino allora tutelata dal sacro recinto lottizzato. La Rai perse, incredula, quella guerra e si raccolse su se stessa. Poi le ventate giudiziarie eliminando due dei tre lottizzatori, la fecero più monda, compatta e unitaria. Da allora la Rai si fece Partito, con la missione primaria di debellare la Tv privata.

Tanto la prima Rai era stata governativa per fede, tanto il Partito Rai si fece opposizione per principio. Divenne presto una componente di peso dello schieramento politico di sinistra. Un gruppo strano, poco numeroso, tutto apicale, molto familista, ricco e dirigenziale, romanissimo. Una corrente che nei partiti marxisti non avrebbe avuto spazio e che invece lo trovò nella confusione del tempo postcomunista. Un pugno di dirigenti pubblici, generone, giornalisti e cineasti si rese conto di avere uno strumento efficacissimo, se non per costruire, per distruggere i nemici, mescolando con spregiudicatezza moralismo, legalismo e cinismo.

Ordini professionali e dirigenziali dell’audiovisivo e della carta stampata si accodarono. La gente, abituata alla sonnecchiosa, didascalica e bigotta Rai, la giudicava come il proprio sacerdote: magari noioso ma sicuramente attendibile. “L’ha detto la Rai”. La gente, improvvisamente, inondata da propri teleschermi, da un getto continuo di odio e di incitamento allo scontro civile; lo assorbì e quando lo rifiutò, si fece partigiana della parte avversa. Il partito Rai raggiunse l’obiettivo di diventare, scopo, mezzo e campo di battaglia della sinistra. La Rai fu la sinistra. Questa piegò ideali e corpi sociali, a quelli dell’emittente pubblica.

Chi non era con la Rai divenne un nemico, politico e non, complice della Tv privata. Quest’ultima venne additata come causa della fine della libertà di parola. Tesi cui vollero credere l’estero che conta e soprattutto l’europarlamento. Il Partito Rai inaugurò, molto prima del giornalismo dei big data, gli anni dei processi politici (con tanto di condanne) in diretta. Lasciamo stare le conseguenze sulla controparte politica, sulla democrazia, sull’informazione, sulla formazione e sulla mentalità generali. Le peggiori si ebbero sulla stessa sinistra che se aveva avuto qualcosa di socialdemocratico e liberaleggiante, lo perse del tutto.

La sinistra fu la prima cavia del ritorno dell’epoca dei processi culturali stalinisti e maoisti, in versione piccolo schermo. I giornalisti Rai, come veri guerriglieri, incalzavano gli uomini di partito senza alcun rispetto, sfidandoli ad essere più puri, più formalisti, più legalitari, in una parola reazionari. Stretta e costretta dall’incubo del processo televisivo, la sinistra cercò di piegarsi alla follia del partito Rai, erinni impazzita solo all’idea che potessero controllarla, nell’apposito organo parlamentare, anche i malvagi rappresentanti della destra. Partecipando della politica di un paese occidentale, la sinistra ammiccava ma non poteva seguire fino in fondo l’aggressività maniacale del Partito Rai che nel frattempo si faceva sempre meno attento ai risultati di mercato ed ai destini dei suoi lavoratori.

La sinistra voleva governare ma non poteva. La favola è quasi finita. Anni ed anni di mobilitazioni. Di Usigrai, ParleRai, LotteRai, PartecipeRai, PrecaRai. Anni di minacce al partito sia se al governo o all’opposizione, anni di sconfitte nei tribunali del lavoro, anni di deficit e di spese, alla fine dei quali la Tv regina, la Tv pubblica è solo terza, superata dall’internazionale Tv privata Sky e da quella nazionale. A certi orari, anche solo quarta, superata anche dall’ex Tv del massacrato Cecchi Gori jr, poi di Telecom, infine di un collaboratore dell’odiato capo della Tv privata.

La gente, inflazionata dal processo continuo, smise di credere alla Rai e ne rise. Tra filosofi, politici e giornalisti salvò solo i comici e cominciò a seguirli sul serio, nelle occupazioni dei luoghi di cultura e nella cabina elettorale. La sinistra, vogliosa sia di governare che di piatire la comprensione dei moralisti, riempì parlamento e altri luoghi di responsabilità di uomini del Partito Rai. Fu un fallimento. Alcuni tornarono subito dall’europarlamento. Altri si fecero sputtanare per incapacità o vizio.

Da ultimo, il Partito Rai si era sentito in diritto di dire l’ultima parola su eventuali riforme elettorali e costituzionali. Riforme da non fare perché risultato di compromesso con l’odiata destra. La sinistra, rocambolescamente riportata al governo da complotti di ogni ordine e natura, in passato avrebbe obbedito al Partito Rai, una vera arma atomica da usare all’occorenza contro l’avversario politico. La nuova giovane sinistra non è stata dello stesso avviso. Anche se è cresciuta a legalismo, formalismo, cinismo, moralismo, sospetti, processi, anche se è reazionaria nella pelle, si è stufata del nichilismo del Partito Rai che aiuta a vincere sì ma poi fa anche perdere.

Per la nuova giovane sinistra le Tv private nazionali o estere sono un dato di fatto, una cosa naturale. Non ci si torna su. Così è stata tolta autorità ai parlamentari Pd ex Rai. Così è cominciato il piano per salassare la Rai, almeno finché il morbo del Partito non sparisca. Come d’incanto, nel monolite del Partito Rai, sono apparsi i soccorsi in aiuto del vincitore. Un bel pezzo di Rai, una 50ina di nomi si è riunita in jam session con la scusa di parlare di 100 idee, di 100 mestieri della Rai ma in realtà con l’intento di mostrare al governo felicità e soddisfazione per la decurtazione di 100 (e passa) milioni dal proprio bilancio aziendale.

Il Partito Rai si è rotto, almeno quello d’opposizione, di processo e di guerriglia. L’intento del giovane governo è di riportarlo al tempo che fu, quando la Rai era voce docile dell’eterna maggioranza di governo. Le guance oggi vellutate, cadenti e rilassate di un imborghesito Mannoni, un tempo guerrigliero delle monetine e delle mazzette agitate con ira contro i nemici del partito ben raccontano il passare del tempo e del maturare dei frutti nelle stagioni.

Il Partito Rai è maturo per cadere. Era una casamatta culturale insopportabile per il paese. Quella nuova, che è in corso di preparazione, in prospettiva potrebbe essere non meno pericolosa.