Amore, sdegno, devozione. Mimmo Cavallaro

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La fierezza di tramandare il passato

di Domenico Marcella

Sacro e profano, come nelle feste patronali del sud Italia che si celebrano tra fumi d’incenso e luminarie, riti religiosi e vezzi pagani. “Sacru et profanu”, come il titolo (in cui si intrecciano latino e dialetto, come in certi canti religiosi del Sud) del nuovo paragrafo della saga musicale di Mimmo Cavallaro. Una tappa fiera, quella del maestro calabrese della musica popolare, dedicata al potere narrativo di un instancabile passato che si tramanda.

Un doppio cd e una minuziosa ricerca nel suono della realtà contadina: custode delle accorate liriche delle festività solenni, delle laiche serenate sentimentali, e degli stornelli del lavoro e dell’emigrazione. Trentuno i brani, intimi e appassionati, dall’animo umile e fiero, che nascono come «Un omaggio al canto che abbraccia i sentimenti d’amore, sdegno e devozione; è un disco che rappresenta ad ampio raggio l’esistenziale conflitto armonico tra il sacro e il profano».

Si fa stimolare dalle radici piantate in un tempo lontano, Mimmo Cavallaro, che ha vissuto la primissima parte di vita nelle zone più impervie della Calabria, nel totale isolamento e a stretto contatto con quelle melodie divenute fonte di eccelsa ispirazione: «In realtà è come se ci fosse stata una vera e propria selezione naturale che ci ha consentito di ridar voce a quei racconti che, per ciclica coincidenza, risuonano attuali; i canti di immigrazione, per esempio, se pur nati all’indomani dell’ondata migratoria di oltre settant’anni fa, sono in sincronia con le disperate cronache contemporanee alle quali assistiamo quotidianamente».

Cavallaro, divenuto cantore e ambasciatore della tradizione musicale calabrese, restando fedele a se stesso e al suo vissuto, ricerca e sperimenta senza stravolgere la forma-madre: «Ogni brano è supportato da un tappeto di chitarre battenti che non soffoca ma mette in risalto il testo e la melodia. La parte letteraria – la colonna portante dell’album – è una riproposizione del patrimonio poetico».

Disprezzata e associata alla malavita, in un passato ormai stordito, la musica popolare con grande spirito innovativo e moderno continua col suo clamore pulsante a essere ormai protagonista anche di palcoscenici internazionali. «C’è stato effettivamente un periodo oscuro. Insieme ai ragazzi con i quali collaboro abbiamo seguito la direzione che altri avevano già intrapreso per cucire una nuova veste alla tarantella. Con il nostro apporto c’è stata un’energica spinta maggiore verso la conoscenza e la valorizzazione di questa nostra ancestrale bellezza».

Per molti anni la globalizzazione ha puntato all’estinzione delle culture più deboli. «Il clamore pulsante della musica popolare, argina l’attacco diventando forma di ribellione inconscia che protegge la storia. Non è casuale, l’esigenza di tornare ad affollare le piazze coinvolti dal ritmo. È un segnale importante che ci porta a rigettare definitivamente le ciniche regole dell’industrializzazione selvaggia, ossessionate dal profitto economico. La vera forza, genuina ed energica, è sempre quella che ha legami profondi con il territorio di ognuno di noi».