Bepi, il country all’italiana

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Un eclettico e bergamasco canta storie universali in dialetto

di Paolo Giordano

 

Lui, il Bepi, è uno di quelli tosti. Musicista, cantante, cabarettista, presentatore. Il suo ultimo album si intitola Spot ed è una chicca country cantata in dialetto bergamasco però registrata (in parte) al Sound Kitchen Studio di Nashville, che per il country è un po’ come il Maracana per il calcio: un tempio. Un album che vale la pena scoprire e che, purtroppo, è nascosto da quell’aura di pregiudizio che spesso avvolge gli artisti dialettali.

«Quando si parla di Bergamo nel resto d’Italia – dice Bepi, che in realtà si chiama Tiziano Incani e ha quasi quarant’anni – emergono subito tanti giudizi sommari sul bifolco arricchito e razzista che però sono tanto lontani dalla realtà». Proprio per questo dieci anni fa il Bepi ha iniziato a portare sul palco come cabarettista il personaggio del tipico bergamasco disegnato dai cliché: era un modo per disinnescare tutti i luoghi comuni. Risultato: un enorme successo locale. Ora, dopo sedici dischi prodotti in totale e ben cinque dvd, Bepi conduce un gioco televisivo su Bergamo Tv (il «Bepi Quiss», grande successo locale) ed è diventato un musicista a tutto tondo, lontano dai pregiudizi e capace di farsi intendere su tutto il territorio nazionale.

Prima suonava, quasi a mo’ di parodia, tanti generi musicali, ora è più concentrato su quello che sente più vicino, il country, che non è più la musichetta «del vecchio con la camicia a scacchi e il cappello da cowboy. Il country è Willie Nelson e Johnny Cash, certo, ma anche Carrie Underwood che ha 30 anni e piace anche ai ragazzi. In ogni caso, il mio disco perfetto è X di Trace Atkins ed è per questo che sono andato a Nashville a registrare Spot». A proposito, perché Spot? «Ho voluto giocare sul doppio significato, quello inglese e quello bergamasco, visto che noi chiamiamo Spot la nostra strada provinciale (Sp8 – ndr).

Un progetto musicalmente meritevole di essere ascoltato anche al di fuori dei ristretti confini bergamaschi: «Il dialetto per me è funzionale al messaggio perché racconto il territorio», spiega lui e ha ragione visto che con brani come Gleno, Pase Zo o Sta al mont adess è cronista e storico della vita e dei dolori di quella parte d’Italia. Però, come quasi sempre accade, le storie locali spesso sono paradigmi di storie universali e comprensibili a tutti. Perciò andiamo oltre i luoghi comuni. Ad esempio Bepi ieri sera ha cantato a Pontida sul «sacro prato leghista» ma «non mi sento affatto leghista». E, tra tutte le cose che fa, è anche direttore artistico del concorso per stranieri «Tira fuori la lingua», a dimostrazione che i pregiudizi sul Bepi li ha soltanto chi non lo conosce bene.

 

06.05.2014