Galeria, da rifugio di Papi a covo di satanisti

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galeria-557x262-spirlìNo, non è cambiato nulla, da quella domenica di primavera di qualche anno fa. L’ho appreso dal racconto di un amico proprio ieri sera, mentre, casualmente, parlava ad una cena della Città morta di Galeria. Un brivido mi ha percorso la schiena fino a farmi gelare le ossa. C’ero stato anche io, dentro quella sorta di tomba scoperchiata, in una dannata giornata di dieci anni fa. Era stata di Anna, l’idea. Le idee più stronze erano sempre le sue. E, dunque, con bambini e nonni al seguito, partimmo. Anche Manuel ed io ci andammo, curiosi di visitarla, la Città morta. Lasciate le auto in una radura, cominciammo ad inerpicarci su per un sentiero. In una spianata, incontrammo, distanti, due giovani in tenda canadese. Ebbi subito una pessima impressione: sembravano due sentinelle. Allarmate e infastidite. Ma non ci dissero nulla. Ci seguirono con gli occhi, mentre continuavamo a camminare lungo il sentierino che ci portava verso la porta della città. Attraversandola, guardai in alto. Una torre non aveva più il suo orologio, ma ne rimaneva l’impronta. Mi fece senso.

Sentivo, ad ogni metro dei lamenti mescolati nell’impasto di cemento, pietre e mattoni degli antichi palazzi e delle vecchie case. Un gemito continuo che riempiva l’aria. Mi innervosiva e mi faceva star male. “Andiamo via, ragazzi. Ho una pessima sensazione.” Ma, figurati! Più io mi angosciavo, più gli stupidi godevano. Alla fine, tacqui. Per non dare soddisfazione. Entrammo in stanze abbandonate di palazzi sventrati dalle radici degli alberi. E dai colpi feroci di chissà quanti profanatori, di due secoli almeno. Visitammo quel che restava e resta di chiese e case private. Poi, stendemmo, da gitanti, i plaid e le tovaglie a quadroni e ci poggiammo sopra ogni bendiddio per il picnic. Io mangiai fiele.

Dopo pranzo, Manuel, Fausto, Maurizio e i bambini andarono a fare un giretto ancora. Ma tornarono quasi subito e svelarono il mistero “Ci sono graffiti e disegni satanici dappertutto”. Lo sapevo. Lo sentivo che quella stramaledetta città non era morta, ma era “dei morti”.
Vollero che andassimo a vedere anche noi: nella cantina di un palazzo ormai diroccato, il 666, stelle capovolte, scritte e disegni sconci. Una specie di enciclopedia della stupidità umana al servizio del nulla. Sicuramente la scusa per fare delle orge fra sporcaccioni e niente di più; ma, proprio per questo, ancora più fastidiosa. Tornammo verso le macchine e andammo via. Io, con la sensazione che sarebbe stato molto meglio se fossimo andati a Tor San Lorenzo a sciacquarci le cosce al mare.

Galeria morì 200 anni fa. L’ultima famiglia la abbandonò nel 1809, dopo che la città si svuotò dei propri abitanti probabilmente per colpa della malaria. Fu potente nel medioevo, dopo essere stata fondata dagli etruschi e conquistata dai romani. Nei secoli di splendore, ospitò l’antipapa Benedetto X, in fuga dalle truppe papaline e normanne, ma anche Carlo V, nel 1536, vittorioso dopo la conquista di Tunisi. Poi, la sfortunata collocazione vicino all’Arrone la punì con un’epidemia mortale, che costrinse i pochi sopravvissuti a scappare.

Quel che resta è proprietà privata, sorda ad ogni invito a recuperare. E anche l’ente che dovrebbe sovrintendere non fa nulla. Oggi, come in quel maledetto giorno dello sfortunato picnic. A quanto sembra, oggi è anche peggio. E non sono solamente gli “zozzoni satanisti” a renderla una latrina morale, ma anche i gitanti scostumati, che abbandonano, al passaggio, interi sacchi di immondizia. Quasi a volerne segnare una morte totale. Certo, a “ripulirla” non basterebbero dieci torrenti in piena di acqua benedetta, ma magari si troverebbero pure. Se solo chi deve si decidesse. Invece, si preferisce mantenerne vivo il triste destino di “Città dei morti.”