L’Italia nonostante tutto. Dovessi scegliere uno slogan per definire la mia appartenenza, sarebbe sicuramente questo.
Dirsi “patrioti” oggi magari fa un po’ sorridere, termine desueto che rimanda a un’epoca di trincee e passioni in bianco e nero. E però, e purtroppo, c’è di più. È che davvero la nostra nazione, oggi, pare un pachiderma che galleggia nel sonno di un eterno presente, dove non si costruiscono grandi cose e neppure ci si diverte, dove la creatività viene trattata con il sospetto con cui si guarda a una malattia contagiosa, ma dove la stessa creatività – quella vera, genuina, rivoluzionaria – è moneta scarsamente diffusa.
Ci lamentiamo, spesso, che in Italia gli investimenti culturali sono scarsi, e non adeguatamente supportati. Sarebbe forse il caso di ribaltare il ragionamento: esiste qualcosa di culturalmente rilevante che vale la pena scoprire, valorizzare, sostenere?
Farsi questa domanda, nel Paese che della fantasia e dell’ingegno fa da secoli il tratto dominante, può essere già una provocazione. Ma, anche sforzandomi, e con buona pace dei cervelli che hanno già fatto le valigie per l’estero, non riesco a trovare qualcosa che nel campo artistico, culturale, e pure in quello strettamente ideologico, abbia qualcosa di eccitante in termini di novità.
Il BelPaese è diventato un posto dove ci si annoia, questo è. Una landa dove le idee invecchiano appresso alla crescita dell’età media, e dove la natalità creativa diminuisce appresso a quella demografica.
Una nazione confusa, che sta dilapidando le quote rimanenti di capitale sociale ancora sparse sui suoi territori. Un Paese che non sa mantenere e manutenere l’incredibile bellezza ereditata dal genio dei nostri avi e da un territorio splendido. Una nazione brontolona, introversa, sospettosa, neppure troppo ospitale, disillusa.
Ecco perché “l’Italia, nonostante tutto”. Perché bisogna davvero amarla per non accodarsi al coro infruttuoso delle lamentele incapacitanti. E perché un patriottismo culturale davvero contemporaneo e attivo dovrebbe partire da qui: restituirci un’identità solare, fondata sul sorriso, e che butti il prima possibile nel dimenticatoio questi anni mogi.
Sotto la patina grigia che, come cenere, copre il nostro panorama culturale, si muovono ancora giacimenti di energia pura, scintille pronte a diventare fiamme che non sono parte della narrazione dominante e della burocratizzazione dell’industria culturale, e dunque sono ai margini, relegati nel campo della cultura non conformista.
E “l’Italia, nonostante tutto” mi piacerebbe diventasse lo slogan degli Stati generali di queste “isole nella Rete”: dannunzianamente, pirati di una rinascita culturale.